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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2011 alle ore 09:31.

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Quel 7,81% del CTz in asta ieri è solo l'ultimo di una serie di rendimenti 'shock' che il mercato ha messo a disposizione dei politici europei per misurare l'intensità della crisi dell'Eurozona. Sotto lo stesso ombrello, quello dell'euro, i titoli di Stato greci biennali rendono oramai oltre il 100%, i BTp sul secondario hanno toccato il nuovo record all'8 per cento. I titoli tedeschi a sei mesi hanno raggiunto rendimenti negativi contro il 6,5% dei BoT in asta. E non basta.

L'8% raggiunto dai BTp a due anni sul secondario si è avvicinato ieri all'8,5% dei titoli di Stato irlandesi a dieci anni, quando l'Irlanda è tecnicamente in default da svariati mesi mentre l'Italia attraversa un'acuta crisi di liquidità. E ancora: i rendimenti dei titoli di Stato belgi decennali sono saliti di 90 punti in tre giorni e di 200 punti in un mese, quelli della Francia di 100 punti da ottobre. Qualcosa evidentemente non funziona e quel qualcosa è l'euro: inteso come moneta unica, politica monetaria unica, Banca centrale europea e 17 politiche fiscali.

Il fatto che l'euro così com'è non funzioni è oramai talmente evidente che i tempi della politica, con enormi sforzi, stanno tentando di accelerare il passo per sincronizzare il proprio lento orologio con quello a velocità supersonica dei mercati. Il tasso delle decisioni europee, o mezze-decisioni, è cresciuto negli ultimi due anni, incalzato dai ritmi della crisi del debito sovrano. L'Italia non è da meno: il neo-Governo Monti si appresta a varare riforme strutturali «impressionanti» in tempi record, dopo una maxi-manovra dettata dalla Bce (la settimana in una legislatura). Ma sono le decisioni sbagliate prese dai 17 dell'Eurozona ad aver esasperato gli animi dei mercati: il salvataggio della Grecia è fallito, dopo i primi 100 miliardi e più di aiuti ne serviranno almeno altri 100 con l'aggravante di perdite pesanti imposte ai privati. E chissà se bastano. Il salvataggio del Portogallo potrebbe incagliarsi se, tra gli scenari peggiori in circolazione, c'è quello della necessità di un ulteriore pacchetto di aiuti da 100 miliardi. L'Irlanda, per ora una storia di successo, è invece ancora alle prese con il mostro indomabile della crisi bancaria che ha messo in ginocchio i conti pubblici. E cosa dire poi dell'Efsf, il fondo salva-Stati con una potenza di fuoco strombazzata da 225 miliardi, 440 miliardi, 750 miliardi, 1000 miliardi: è già un ferro vecchio, come dimostrato dalle difficoltà dell'ultimo collocamento da 3 miliardi.

Il 9 dicembre, al prossimo Consiglio europeo, i mercati si attendono non più un'altra sfornata di decisioni sbagliate, inattuabili, irrealistiche ma poche, chiare decisioni che vadano nella giusta direzione nel breve, medio e lungo periodo. Un ridisegno dei Trattati, che assicuri in tempi ragionevoli una convergenza vera delle politiche fiscali con perdita di sovranità nazionale, Stability bond e meccanismi punitivi per chi non starà alle regole: le misure in arrivo di Italia e Spagna serviranno da conferma al nuovo corso. E una rete di sicurezza di breve periodo per sostenere gli Stati non insolventi ma in crisi di liquidità come Italia e Spagna: che sia l'Fmi, la Bce e l'Efsf al mercato poco importa, purché i miliardi che servono ci siano e siano pronti all'uso. Da quando? Dal 2012? Le aste di Italia e Spagna programmate in dicembre non dovrebbero incontrare difficoltà insormontabili: se il Mef ha confermato l'emissione del nuovo BTp triennale, di un BTp decennale e un BTp off-the-run per martedì prossimo per raccogliere tra i 5 e gli 8 miliardi, avrà concordato tale importo con le banche specialist e a tanto si potrà arrivare: il rendimento però anticipatamente, quello no, non si può fissare.

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