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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2011 alle ore 12:44.
Riuscirà la Banca nazionale svizzera a mantenere fermo il franco?
La decisione della Bns di Berna di fissare un tetto per l'euro/franco è stata molto coraggiosa. I rischi di un fallimento, su un mercato particolarmente ostico come il valutario, erano elevati. La Banca centrale è però riuscita nel suo intento: dal sei settembre 2011 l'euro, dopo essere calato in agosto fino a quota un franco, è risalito sopra quota 1,20, restandoci (ieri era trattato a quota 1,2250). Al punto che gli analisti della Société Générale considerano, come rischio a breve termine, la possibilità che il tetto possa essere ora spostato, verso 1,25 o anche 1,30 franchi. Il rafforzamento dell'euro potrebbe così ridurre i rendimenti per gli investitori di Eurolandia, ma la stabilità del franco svizzero appare comunque particolarmente appetibile la valuta per chi ha un orizzonte temporale non breve.
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Qual è l'affidabilità della sterlina?
La sterlina ha un po' «cambiato natura» durante la crisi finanziaria. Prima delle turbolenze, era diventato un «supereuro»: ne imitava i movimenti, offrendo un po' di rendimento in più. La crisi ha però portato la valuta britannica in forte flessione, fino a farle sfiorare la parità con l'euro. Poi il cambio ha ripreso terreno, sfidando forse la «forza di gravità» - in realtà molto debole - del potere d'acquisto, e ha portato l'euro verso 0,85. Ha inciso la politica della Bank of England che ha adottato una strategia di quantitative easing. Le difficoltà di Eurolandia hanno poi dato alla sterlina uno status di parziale «porto sicuro», che le ha restituito una relativa stabilità malgrado le difficoltà dell'economia, che ha recentemente dato qualche segnale di crescita, ma è ancora dipendente dalle spese pubbliche, destinate a ridursi. La possibilità, in questo caso piuttosto concreta, di un nuovo quantitative easing a febbraio potrebbe però cambiare le cose.
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Quali sono le prospettive dello yen?
Tassi bassi, una politica di quantitative easing molto aggressiva, un debito ormai al 200% del Pil: lo yen aveva sulla carta tutte le caratteristiche per una profonda flessione, come il dollaro. Non è andata così. Lo yen ha un po' sostituito l'euro nella sua funzione di «valvola di sfogo» delle tensioni sul valutario e ha iniziato a guadagnare terreno, apprezzandosi a livelli sempre meno compatibili con le esportazioni. È diventata così una sorta di controintuitivo «porto sicuro» per gli investitori globali, ruolo particolarmente evidente in questa fase di turbolenze sui titoli di Stato europei. La Nippon Ginko, la banca centrale è stata così costretta più volte a intervenire contro il dollaro, e questo ha frenato il suo rialzo. Lo yen non è però il franco svizzero ed è più complesso controllarne l'andamento. L'euro è così ormai vicino ai minimi da diversi mesi.
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