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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2011 alle ore 08:09.
Un'asta bifronte, quella dei BTp a 3, 10 e 9 anni collocati ieri. Il suo volto buono ha tranquillizzato i mercati, perché il Tesoro ha rastrellato 7,5 miliardi circa, sulla parte alta della forchetta indicata tra 5 e 8 miliardi. Buona la domanda complessiva per 10,89 miliardi proveniente prevalentemente dagli investitori istituzionali italiani ma, oltre alle banche specialist e qualche risparmiatore italiano in più del solito, anche da sporadici conti real money stranieri. Nessun allarme, in questo senso. L'Italia, come ha dimostrato dall'inizio della crisi del debito sovrano europeo, continua a tutt'oggi a raccogliere sul mercato dei capitali abbondantemente al di sopra dell'ammontare minimo richiesto.
Il volto perverso dell'asta, però, ha spaventato. Il Tesoro, per collocare titoli a medio-lungo termine, ha dovuto sborsare dal 7,89% sul triennale (appena sotto l'8% negoziato pre-asta sul secondario) al 7,56% sul decennale. Livelli record dalla nascita dell'euro. Rendimenti che, se dovessero essere riproposti nei prossimi mesi, allontanerebbero gli investitori dal rischio-Italia perché minerebbero la sostenibilità dei conti pubblici: colpa di un onere strabordante del servizio del debito pubblico nel contesto di una recessione. L'allarme qui è scattato.
Che l'asta di ieri fosse temuta dai traders, lo si era capito fin dalla scorsa settimana. Quando lo scorso martedì il Tesoro ha confermato l'arrivo del nuovo BTp a tre anni, con cedola al 6%, sul secondario il rendimento dei BTp in quella durata è schizzato all'insù: la parte triennale della curva infatti è sostenuta solo marginalmente dagli acquisti della Bce, che si concentrano sulla fascia 5-10 anni, mentre resta colpita selvaggiamente da chi disinveste per paura che la crisi di liquidità italiana si trasformi in una crisi di insolvenza con conseguenze disastrose per i 17 Stati membri dell'euro. Con una settimana d'anticipo rispetto all'asta, causa l'illiquidità (il differenziale tra prezzi di acquisto e di vendita è oramai vertiginoso, anche di 150 punti) alcuni specialist (le banche che si impegnano con il Tesoro ad acquistare in asta) hanno iniziato a fare spazio in portafoglio perché i bilanci bancari - per via delle scadenze di fine anno e dei requisiti di capitale punitivi dell'ultimo stress test Eba - sono ingessatissimi sul rischio-Stato in generale. Sul mercato grigio, pre-asta, il nuovo BTp 15/11/2014 nella mattina di ieri si è portato in area 8 per cento. Una soglia che, nonostante ritenuta sostenibile dalle casse dello Stato per un arco temporale abbastanza lungo, semina letteralmente il panico. L'asta però ha evitato il peggio: il tasso di assegnazione è stato fissato sotto l'8%, al 7,89%, ma tuttavia quasi il 3% in più rispetto al vecchio BTp luglio 2014 che nell'asta di ottobre era stato collocato al 4,93 per cento. Il passaggio da un vecchio a un nuovo BTp, stando agli addetti ai lavori, può costare di questi tempi 40 centesimi. Il Tesoro ne ha collocati 3,5 miliardi, il massimo della forchetta tra 2,5 e 3,5. La richiesta è stata pari a 5,25 miliardi con un rapporto di copertura di 1,5 volte (contro 1,35 volte di ottobre).
Sulle scadenze più lunghe, il BTp a 10 anni e il BTp settembre 2020 (vita residua di 9 anni, off-the-run, non più in corso di emissione) sono stati collocati a rendimenti inferiori al triennale, rispettivamente il 7,56% (+1,5% rispetto all'asta di ottobre) e 7,28% (+1,81% rispetto all'ultimo collocamento risalente a settembre). Questo esito ha confermato che la curva dei rendimenti del rischio-Italia è invertita e che il contagio dal crack della Grecia è arrivato allo stadio più problematico, quello che concentra il rischio-sovrano sulle durate corte dei periferici. «Dimensioni della raccolta, ok. Ordini di acquisto, ok. Il grosso problema sta nel rendimento». Questo in estrema sintesi il giudizio unanime degli operatori sull'asta, che si è inserita nel cono d'ombra dei CTz a 24 mesi venduti lo scorso venerdì al 7,81 per cento. (I. B.)
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