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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2011 alle ore 13:54.
Un po' l'obbligo di crescere attraverso lo shopping. Un po' il lato «positivo» della crisi, il basso costo denaro, che ha invogliato all'indebitamento. Tant'è, a Piazza Affari salta fuori un dato non proprio incoraggiante: il debito delle grandi aziende industriali quotate cresce. Anzi, più precisamente aumenta il suo peso sui bilanci.
La riprova? Basta guardare ai numeri delle recenti trimestrali. Ebbene, al 30 settembre 2011 l'indebitamento finanziario netto delle blue chip non bancarie si è attestato a quota 175,09 miliardi. Cioè, 11 miliardi in più rispetto alla posizione delle stesse società del Ftse Mib a inizio 2011.
«Il numero – indica Sergio Pigoli, capitano di lungo corso a Piazza Affari – non va sottovaluto. In particolare bisogna che, a fronte di un futuro macroeconomico sempre più cupo, le società tengano sotto stretta sorveglianza la gestione finanziaria. Poi, certo, non può dimenticarsi che questi valori hanno comunque una loro stagionalità». Vale a dire? «Basta pensare, per esempio, ai dividendi: le cedole, in genere, non sono staccate nel quarto trimestre. Giocoforza, in questo periodo non c'è accantonamento di cassa e la posizione finanziaria netta dovrebbe migliorare rispetto al 30 settembre». Per non parlare, inoltre, del pagamento delle imposte: «Anche questo – riprende Pigoli – ha il suo impatto. Quando si confrontano periodi di tempo non omogenei bisogna tenerne conto».
L'effetto bond e dividendi
Ciò detto, però, il trend è inequivocabile. Per rendersene conto basta analizzare la "dinamica" dei debiti finanziari netti delle blue chip industriali nel corso dell'anno. Alla chiusura dello scorso esercizio valevano 164 miliardi; la cifra, al 30 giugno 2011, è salita a 168,8 (+2,9%). Infine, nell'ultimo trimestre, è balzata ancora del 3,2%. Un andamento che, al di là delle variabili stagionali, testimonia per il 2011 il costante appesantimento della posizione finanziaria delle società.
Già, la posizione finanziaria che segna un maggiore rosso. Questa la situazione attuale: ma quali le cause che l'hanno determinata? «In primo luogo – risponde Fabrizio Pasta, Head of securities di Ubs Italia Sim – può aver pesato indirettamente la strategia di alcune società, quali per esempio Enel, pronte a sfruttare il basso costo del denaro per lanciare diversi bond». Il colosso elettrico, in effetti, già alla fine del luglio scorso aveva emesso obbligazioni per oltre 1,75 miliardi. A ben vedere, però, la società motiva la crescita del debito finanziario netto con un mix di cause. «L'incremento – viene spiegato nella trimestrale – è riferibile essenzialmente al pagamento dei dividendi, delle imposte correnti e degli oneri finanziari connessi al debito e alle attività di investimento del periodo». Una situazione «i cui effetti sono solo parzialmente compensati dai flussi generati dalla gestione operativa corrente».
Come dire, insomma, che «un impatto indiretto – come sottolinea Pigoli – le emissioni devono averlo avuto». Seppure, non possono dimenticarsi tutti gli altri aspetti legati, per esempio, alla remunerazione del capitale e alla crescita del business. Su quest'ultimo fronte, peraltro, altre società si son "date da fare". È il caso di Prysmian, operativa per linee esterne, in grado di portare a termine l'acquisizione di Draka. Uno shopping che, inevitabilmente, ha pesato sulla posizione finanziaria netta (Pfn). «L'incremento – scrive l'azienda – è attribuibile», tra le altre cause, «all'esborso di cassa» per «l'acquisizione di Draka» e «al consolidamento della Pfn» proprio di quest'ultima. «Un effetto-acquisizione – aggiunge Pigoli – che ha giocato un ruolo anche nel caso della Fiat e dello shopping su Chrysler».
Insomma, l'indebitamento finanziario netto cresce. Meglio, quindi, tenere gli occhi aperti. Seppure non manca chi smorza i toni. «I numeri – afferma Mario Spreafico, direttore investimenti di Schroeder Italia – non sono allarmanti. A ben vedere, si tratta più della conseguenza di singole storie aziendali che di un peggioramento generalizzato». L'obiezione è corretta. Tuttavia, non può negarsi che il rallentamento della congiuntura potrebbe ridurre i flussi di cassa. L'attivo, cioè, che tiene a bada l'indebitamento netto.
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