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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2011 alle ore 08:00.

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BRUXELLES. La decisione di Standard & Poor's di porre sotto esame il rating sovrano dei Paesi della zona euro ha provocato polemiche, nonostante sia paradossalmente anche il riflesso di come l'Unione monetaria sia considerata ormai un tutt'uno. Dopotutto, il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy presenterà domani una proposta in cui apre alla mutualizzazione graduale dei debiti nazionali.

Il presidente dell'Eurogruppo, il premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, ha definito «esagerata» e «ingiusta» la minaccia dell'agenzia di rating. Proprio ieri la società americana ha avvertito che nel caso di una riduzione della votazione di un paese tripla A anche il fondo di stabilità Efsf perderebbe questo rating.

Il commissario al mercato interno, Michel Barnier, ha minimizzato. Ha spiegato che l'opinione delle agenzie di rating «è una tra tante». L'uomo politico francese ha presentato in novembre un progetto di regolamento con il quale meglio controllare queste società che negli ultimi anni sono state molto criticate, prima per non avere capito le radici della crisi, e oggi perché ritenute di parte nell'analizzare le difficoltà europee.
Barnier ha fatto notare che «gli apprezzamenti giungono tre giorni prima del consiglio europeo, anziché dopo per apprezzarne l'impatto». Il commissario è convinto che il sistema finanziario europeo debba ridurre la sua dipendenza dalle agenzie di rating. S&P ha messo sotto osservazione il rating di 15 paesi su 17 (tra cui Germania e Francia).

Cipro era già sotto osservazione, la Grecia è nei fatti fuori classifica.
A nessuno qui a Bruxelles è passata inosservata la tempistica di questo annuncio da parte di una società che qualche mese fa mise in dubbio la solvibilità degli Stati Uniti, riducendo il rating americano. Il tutto a qualche ora da un vertice europeo giovedì e venerdì che dovrebbe ridare slancio all'integrazione europea e mettere nero su bianco una risposta alla crisi debitoria.

La decisione della società di rating può essere letta in due modi radicalmente diversi. Da un lato, nasconde un giudizio impietoso sulle gravissime difficoltà della zona euro. Dall'altro considerando insieme gli stati membri vi è anche l'ammissione di come l'Unione monetaria sia ormai una entità unica.

Proprio riguardo al vertice di questa settimana, il presidente del consiglio europeo Van Rompuy ha preparato un rapporto di sei pagine in cui delinea le varie opzioni possibili (si veda Il Sole/24 Ore di ieri). L'adozione del pareggio di bilancio - come proposto dall'accordo franco-tedesco di lunedì - potrebbe avvenire senza un processo di ratifica a livello nazionale, ma con il benestare all'unanimità del consiglio via il Protocollo 12.

Cambiamenti più profondi, con trasferimenti di sovranità dalla periferia al centro, richiedono invece lunghe modifiche dei Trattati. Il documento che ha come obiettivo di creare «un'unione economica più forte» riprende sia le proposte del cancelliere Angela Merkel e del presidente Nicolas Sakozy sia le idee della Commissione per rafforzare la disciplina di bilancio pubblicate il 23 novembre.

Van Rompuy apre all'idea di mutualizzare gradualmente i debiti nazionali e alla trasformazione dell'Esm in istituzione creditizia. Questo passaggio potrebbe dare all'erede dell'Efsf la possibilità di accedere alle operazioni di rifinanziamento della Bce. Le due possibilità sono state finora osteggiate dalla Germania, ma potrebbero far parte di un compromesso.
A 48 ore dal vertice, l'accordo che si sta delineando prevede maggiore disciplina di bilancio in un quadro intergovernativo, un'apertura su futuri eurobond, un rafforzamento dell'Efsf e dell'Esm anche via il Fondo monetario, e la scelta di limitare alla Grecia il contributo dei privati alla ristrutturazione del debito. La reazione dei mercati lunedì ci dirà se la decisione di S&P di mettere la zona euro nel mirino era giusta o sbagliata.

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