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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2011 alle ore 15:11.
Misure inutili, inique, ma soprattutto dannose. La levata di scudi contro le decisioni del l'Eba, l'autorità di vigilanza delle banche europee che ha imposto ai 5 principali istituti di credito di casa nostra un rafforzamento di capitale di oltre 15 miliardi di euro, è pressoché unanime. Certo, le critiche provengono dagli stessi attori del sistema finanziario che sono i destinatari delle azioni e che si sentono particolarmente penalizzati soprattutto rispetto ai concorrenti europei: potrebbero essere insomma in qualche modo considerati interessati.
Non c'è dubbio però che la massiccia opera dell'Eba i suoi riflessi, anche importanti, sull'economia reale così come su investitori e clienti li avrà. Se da una parte i correntisti potranno per certi versi stare più tranquilli perché in fondo il rafforzamento del patrimonio mira a rendere le banche più solide e resistenti a improvvisi shock esterni, chi dovrà recarsi allo sportello a chiedere nuovi finanziamenti non sarà altrettanto contento.
Per raggiungere gli obiettivi dettati dall'autorithy, gli istituti di credito di casa nostra saranno verosimilmente costretti ad adottare criteri più restrittivi, e non di poco: gli analisti di Value Partners (vedi articolo a pagina 13) valutano in circa 30 miliardi di euro la possibile riduzione dei finanziamenti all'economia reale per far fronte ai nuovi criteri di capitale. E qualche grattacapo in più ci sarà anche per chi sarà chiamato a decidere sugli aumenti di capitale lanciati come conseguenza delle imposizioni dell'Eba. «Aderire o no?» è una domanda che per ora si pongono soltanto gli azionisti di UniCredit, ma anche gli altri investitori non dormiranno certo sonni tranquilli perché le richieste dell'authority pongono un serio interrogativo sugli utili e sulla distribuzione dei dividendi nei prossimi anni.
Legenda
L'ATTENZIONE DEL RISPARMIATORE
BASSA - MEDIA - ALTA
L'indicatore segnala l'incidenza delle richieste dell'Eba su investitori e clienti delle banche
INVESTITORI
Ho investito in una banca che dovrà effettuare un aumento di capitale, cosa succederà alle mie azioni?
Se l'aumento è a pagamento (come nella maggior parte dei casi) all'investitore sarà consegnato un certo numero di diritti di opzione in base al numero di azioni detenute. Questi servono a compensare l'azionista della riduzione di prezzo che le azioni subiscono come conseguenza della ricapitalizzazione e danno diritto a ottenere nuovi titoli della banca in cambio di un pagamento (di solito il prezzo è a sconto rispetto ai valori di mercato per invogliare l'investitore ad aderire). Potranno quindi essere esercitati dal sottoscrittore, che mantiene così inalterata la partecipazione nella società quotata, oppure ceduti in Borsa al prezzo a cui vengono trattati. In quest'ultimo caso l'investitore rinuncia quindi ad acquistare nuove azioni.
BASSA- MEDIA - ALTA
Come posso valutare se conviene o meno aderire all'aumento?
Non esiste purtroppo una regola valida per ogni occasione: la convenienza varia da operazione ad operazione ed è soprattutto legata a valutazioni soggettive dell'investitore. In genere, per invogliare gli azionisti all'adesione, chi emette nuove azioni offre uno «sconto» significativo rispetto ai prezzi correnti. Il fatto che sia cospicuo non è però necessariamente un buon segnale, perché può essere indice delle difficoltà della banca a piazzare le azioni e perché il prezzo stesso dei titoli potrebbe in futuro convergere verso il valore «scontato». Può essere comunque opportuno considerare la composizione del proprio portafoglio, perché l'adesione a un aumento di capitale (specie se questo è di importo particolarmente significativo rispetto alla capitalizzazione) può sbilanciare il mix di investimenti facendo pendere la bilancia verso la componente azionaria in modo eccessivo rispetto alla propensione al rischio del risparmiatore.
BASSA- MEDIA - ALTA
L'azione dell'Eba può mettere a rischio i dividendi distribuiti dalle banche italiane?
Per esaudire le richieste di rafforzamento del capitale da parte dell'Autorithy bancaria europea le banche italiane hanno diverse alternative alla via immediata (e difficoltosa) dell'emissione di nuove azioni. Possono per esempio convertire bond in titoli azionari, possono cedere attività non strategiche e possono soprattutto decidere di non distribuire ai soci gli eventuali utili realizzati. UniCredit ha già annunciato la sospensione del dividendo per l'esercizio 2011 e anche le altre principali banche italiane stanno al momento valutando una simile decisione.
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