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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2011 alle ore 12:17.

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La persuasione, neppure troppo occulta, del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, e delle banche centrali nazionali ha funzionato. All'operazione di rifinanziamento a tre anni, a un tasso fisso dell'1%, condotta stamattina dalla Bce si sono presentate 523 banche, che hanno richiesto in totale 489 miliardi di euro, al di là delle aspettative di mercato.

Anche se 45 di questi sono stati riversati dall'asta a un anno di ottobre, si tratta di un'enorme iniezione di liquidità per il sistema bancario europeo, che ne ha un grande bisogno. I fondi del mercato monetario non prestano più, l'interbancario è paralizzato, alcune grandi imprese ritirano i depositi. Con le risorse ottenute dalla Bce, le banche potranno evitare di ripresentarsi sui mercati dei capitali privati. C'era il dubbio che qualcuna non volesse partecipare per evitare di essere bollata con il "marchio" di chi ha bisogno di soldi: la necessità, ancor più che l'opera di convincimento delle autorità monetarie, ha spazzato via queste considerazioni. Le banche sanno che il 2012 resterà un anno difficile per la loro raccolta.

Resta ora da vedere cosa faranno le banche di questa liquidità ritrovata (e non dimentichiamo che all'inizio del 2012 la Bce procederà a un'altra operazione a 3 anni, sempre all'1%, sempre per importo illimitato). Il presidente francese Nicolas Sarkozy le ha esplicitamente sollecitate ad acquistare titoli del debito sovrano dei Paesi europei in difficoltà, qualcun altro lo ha fatto in modo più discreto. E non c'è dubbio che una parte delle risorse ottenute dalla Bce andranno in quella direzione: ottenere soldi a prestito all'1% e poterli impiegare al 5-6-7% potrebbe essere una manna per il conto economico di molti istituti. Secondo gli analisti del settore, sarebbero orientate su questa strada banche spagnole e italiane di medie e piccole dimensioni.

Ma è una strada non priva di rischio: il rischio di credito che ormai è rispuntato anche per i debitori sovrani dell'eurozona espone le banche al pericolo imminente del declassamento di questi emittenti e quindi a dei margin calls. E i mercati non guardano certo con occhio benevolo a chi ha il portafoglio gonfio di titoli di Stato. Per di più, le regole della European Banking Authority che impongono alle banche di ricapitalizzarsi e di valutare ai prezzi di mercato i titoli pubblici sui loro libri, aprono sul fronte patrimonializzazione una serie di interrogativi forse ancor più pesante di quelli che chiuderebbero sul fronte del conto economico.

Alla vigilia, gli spread sui titoli di Stato, soprattutto di Italia e Spagna, hanno creduto alla storia delle banche che con i soldi della Bce comprano debito pubblico. Si tratterà di vedere se alla prova dei fatti sarà veramentre così.

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