È guerra aperta tra le famiglie Salini e Gavio per il controllo di Impregilo. Il gruppo romano è diventato il primo azionista singolo del colosso italiano delle grandi opere: ha superato la soglia del 15 per cento. È una scalata a tutti gli effetti, a questo punto, e viene alla luce del sole proprio mentre sta per scadere l'offerta, concorrente, della famiglia Gavio.
Come a sorpresa era spuntato dentro il capitale Impregilo, così Salini ha continuato, in silenzio, ad accumulare azioni. Partito con un 5% del capitale di Impregilo, ora Salini è già a tre volte tanto. Favorito anche dal crollo dei mercati, che ha spedito il titolo ai minimi lo scorso settembre (a 1,5 euro per azione), il gruppo romano ne ha appprofittato. Non è stato il solo, visto che da settembre Impregilo si è impennata del 60 per cento (2,39 alla chiusura di ieri).
Anticipata da indiscrezioni di siti internet nel pomeriggio, una comunicazione ufficiale sull'acquisto è arrivata ieri sera. A questo punto Salini è un socio sempre più ingombrante per Igli, la holding che controlla il 29% e che riunisce i tre soci Benetton, Gavio e Ligresti: con una quota del genere diventa sempre più difficile arginare le ambizioni di Salini. In trasparenza, infatti, ciascuno dei tre soci di riferimento possiede circa il 10% di Impregilo, meno di quanto abbia singolarmente rastrellato Salini. Liquidarlo come un mero socio di minoranza è obiettivamente difficile: pare evidente che l'ultimo arrotondamento è funzionale al progetto di fusione tra Impregilo e Salini. I piani del gruppo romano sono usciti allo scoperto lo scorso fine settimana con le voci, anticipate dal Sole 24 Ore, su una proposta di integrazione allo studio. Una mossa che va in collisione diretta con quella della famiglia Gavio, proprietaria di Auto To-Mi e Sias: la Argo Finanziaria ha infatti offerto agli altri due soci di comprare le loro quote. Schiacciato dai debiti, il gruppo Ligresti, è dei tre soci quello più debole.
Più enigmatica la posizione dei Benetton: Atlantia, che custodisce la partecipazione in Igli, pare sia rimasta fredda di fronte alle avances di Gavio. E tuttavia ha in mano un jolly in grado di far pendere le sorti della partita. Dovesse Ligresti accettare l'offerta, potrebbe in ogni caso far valere il suo diritto di prelazione, in quanto socio del patto di sindacato, e comprare lei la quota di Ligresti. È dunque una partita che si gioca sul filo della sottile tattica: molto dipenderà da quanto Salini sarà persuasiva con la sua «proposta di matrimonio» e da quale concambio offrirà agli altri soci. Compito tutt'altro che facile soprattutto se l'alternativa, quella di Gavio, è una proposta di comprare, in contanti, le azioni a un prezzo di 3,6 euro per azione. Ossia quasi il 50% in più degli attuali prezzi di Borsa di Impregilo. A favore di Salini gioca la condizione di public compay di Impregilo: tolto il 29% di Igli, il resto è tutto flottante. Secondo quanto si apprende, tra l'altro, Salini avrebbe incaricato la società di consulenza Georgeson, big mondiale della raccolta deleghe, di fare una ricognizione sull'azionariato e una possibie raccolta di adesioni: dentro Impregilo sono entrati decine di hedge fund. Alcuni sono usciti allo scoperto, come il canadese McKinley, la maggior parte rimane sotto traccia e si è posizionata fiutando la speculazione per una possibile scalata. E siccome l'offerta di Gavio è fuori mercato, perché rivolta ai soli soci di Igli, ed esclude le minoranze di Impregilo, la tattica di Salini punta a coalizzare i tanti piccoli soci. Facendo leva sulla constatazione che oggi Impregilo capitalizza meno della sua controllata brasiliana Ecorodovias, quotata in Borsa. Di certo, l'annuncio fatto ieri sera è una doccia fredda per Gavio perchè arriva a due giorni dal fatidico cda di FonSai che dovrebbe valutare la proposta di Argo. Proposta la cui scadenza è stata posticipata appositamente al 23, per consentire ai Ligresti di valutarla in consiglio. La battaglia su Impregilo è solo agli inizi.
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