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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2011 alle ore 06:43.
Cina, India, mercato degli Etf. Alcune tra le maggiori fonti della domanda di oro stanno mostrando, per ragioni diverse, segnali di indebolimento: cambiamenti che stanno solo iniziando a manifestare i loro effetti sulle quotazioni del lingotto – oggi meno brillanti rispetto a qualche mese fa, nonostante l'aggravarsi della crisi europea – e che potrebbero frenare ulteriormente il metallo nel 2012.
La novità più recente risale a ieri, quando Pechino ha ordinato la sospensione dell'attività alle decine di Borse "fai-da-te", in alcuni casi piccolissime, che erano nate in tutta la Cina per offrire ai piccoli risparmiatori la possibilità di investire in oro, in un Paese in cui i mercati finanziari sono ancora off limits per chiunque, ad eccezione di un numero ristretto di grandi banche e aziende.
«A nessuna autorità locale, istituzione o individuo è permesso istituire una Borsa dell'oro», afferma in tono perentorio un comunicato congiunto emesso dalla Banca centrale, dal ministero della Pubblica sicurezza e da altri regolatori. Lo Shanghai Gold Exchange e lo Shanghai Futures Exchange sono le uniche Borse che potranno continuare ad operare regolarmente. Tutte le altre devono interrompere l'offerta di servizi per essere passate al vaglio da una squadra di esperti della banca centrale, che deciderà se chiuderle, ridimensionarle o modificarne il funzionamento. In alcuni casi interverrà la polizia, perché le autorità hanno riscontrato evidenti casi di illegalità.
Se le ricadute del giro di vite di Pechino si vedranno solo in seguito, sono invece già evidenti a giudizio di molti analisti gli effetti del crollo della domanda in India, Paese che rappresenta circa un terzo dei consumi mondiali di oro per gioielleria (650 tonnellate nei dodici mesi al 30 settembre 2011). Le importazioni del metallo in novembre sono crollate del 75% a circa 20 milioni di tonnellate, secondo la Bombay Bullion Association, che ora anticipa un calo del 50% per il mese di dicembre. Indicazioni tanto più allarmanti in quanto arrivano nel pieno di quella che in India è la stagione dei matrimoni.
I prezzi dell'oro – che in dollari ieri hanno di nuovo ripiegato sotto 1.600 $/oncia e sono quasi il 15% più bassi rispetto al record di inizio settembre – in rupie sono tuttora altissimi, per colpa della debolezza della valuta indiana rispetto al biglietto verde. Il massimo storico, 29.247 rupie per 10 grammi, risale soltanto al 7 dicembre e il prezzo è tuttora di circa 27.600 rupie, scoraggiando gli acquisti dei consumatori.
In Occidente intanto – e in particolare negli Usa – sta raffreddandosi l'interesse per gli Etf sull'oro fisico. Il capostipite tra questi prodotti e di gran lunga il maggiore, l'Spdr Gold Trust, si avvia a chiudere l'anno con un flusso di investimenti negativo per oltre 400mila once. Nel solo mese di dicembre ha subìto riscatti per più di 1,4 milioni di once, una quantità pari a circa il 20% dell'oro estratto in un anno dalle miniere di tutto il mondo.
I flussi di investimento restano positivi per una serie di prodotti concorrenti quotati in Europa. Ma nel complesso, risultano più che dimezzati rispetto all'anno scorso: circa 4,3 milioni di once negli otto prodotti monitorati dalla Reuters, contro i 9,9 milioni del 2010.
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