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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2011 alle ore 08:12.
I deflussi di novembre dall'industria del risparmio gestito non sono un'eccezione. Da un po' di anni i fondi comuni continuano a perdere appeal presso i risparmiatori. Il motivo principale della fuga dei sottoscrittori, come più volte raccontato su queste colonne, è però a monte dell'industria, che non è più un interesse primario per chi la controlla, cioè le banche. A ciò si aggiunge il carico della bufera sui mercati finanziari, che non favorisce la disponibilità degli investitori a vincolare i capitali per lungo termine.
«Il risultato negativo di raccolta dei prodotti di risparmio gestito – spiega Raimondo Marcialis, direttore generale di Mc Gestioni Sgr - è l'effetto combinato della crisi, che genera incertezza in un contesto di scarsa consapevolezza degli investitori, con la necessità delle banche di raccogliere liquidità tramite strumenti più efficaci allo scopo, come le obbligazioni. Paradossalmente, i fondi possono offrire una diversificazione dell'investimento che in questo momento è un valore aggiunto concreto».
L'abitudine dei risparmiatori a non cambiare intermediario o tipo di investimenti, inoltre, gioca a sfavore di un recupero dei prodotti di risparmio gestito. «L'inerzia, invece, rallenta le uscite – aggiunge Marcialis -; però l'industria è destinata al deterioramento, perché non può trovare spazio al di là di quello fornito dai promotori e non sono i risparmiatori a richiedere i fondi».
Bisogna anche considerare l'elevata concorrenza dei conti di deposito, che appaiono profittevoli in cambio di un impegno a breve termine. Soprattutto se anche i Titoli di Stato non sono più percepiti come un rifugio sicuro. La paura della solvibilità dei debiti sovrani ha gioco facile in Italia, dove le masse gestite sono per la maggior parte obbligazionarie (oltre il 40% del patrimonio complessivo). Ma non è la vera ragione dei riscatti, come testimonia il direttore di Mc Gestioni: «Per quanto ci riguarda, abbiamo registrato una fase di timore irrazionale dei clienti tra luglio e agosto, che poi è rientrata, anche perché i nostri investimenti erano concentrati nelle aree extra Ue».
Per evidenziare le caratteristiche, ma anche le potenzialità delle obbligazioni governative tricolore, Assogestioni ha varato una nuova categoria per gli strumenti gestiti: gli obbligazionari Italia. «Una buona iniziativa per isolare un rischio sovrano e un vantaggio fiscale – commenta Marcialis – ma contingente e che ha senso finché i tassi italiani non convergeranno con quelli europei». (I.D.V.e Ma.R.)
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