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Questo articolo è stato pubblicato il 03 gennaio 2012 alle ore 08:05.
L'ipotesi di una fusione Fondiaria Sai-Unipol è sicuramente un progetto suggestivo e già balzato anche in passato alla ribalta delle cronache. Il piano, infatti, venne valutato per la prima volta circa tre anni anni fa ma all'epoca incassò il doppio no dei soci, sia degli azionisti di FonSai, sia degli azionisti di Unipol entrambi non interessati a diluire la loro partecipazione per realizzare un agglomerato di maggior peso. La scelta è stata a lungo rivendicata dal nuovo management della compagnia di Bologna che più volte ha sottolineato come la dimensione «tout court non sia la medicina» per essere competitivi.
Ora, evidentemente, il quadro è mutato. I Ligresti volenti o nolenti devono prepararsi a essere sensibilmente ridimensionati nel capitale della compagnia, per non dire azzerati, e Unipol potrebbe aver ripreso in mano il dossier in un'ottica difensiva. FonSai senza timone stabile rischia di essere una preda ancora più ambita per le compagnie d'Oltralpe. Tanto più se quest'aumento di capitale servirà a risanare definitivamente i conti del gruppo. A Bologna devono quindi aver pensato che sia meglio sfruttare ora un'occasione forse irripetibile.
Tuttavia in ambienti finanziari hanno già cominciato a serpeggiare alcuni dubbi sulla validità industriale dell'operazione. Qualcuno ha puntato il dito contro l'asset meno prelibato di Unipol, ossia Unipol Banca. Un'eredità che potrebbe rivelarsi scomoda per la futura compagnia integrata. Qualcun altro ha spostato l'attenzione sulla poca fiducia che il mercato accorda al gruppo bolognese. Due numeri danno la misura della consistenza di questo secondo concetto: il piano industriale di Unipol prevede per il 2012 un utile netto di 250 milioni, eppure ora la capitalizzazione della compagnia è di 750 milioni. Possibile che la società quoti appena tre volte i profitti attesi per l'anno in corso? Evidentemente Piazza Affari si muove con i piedi di piombo e lo farebbe perché guarda con molta attenzione ai numeri di Unipol Banca. Anche qui alcune cifre possono aiutare a comprendere la situazione.
Dalla presentazione dei conti del terzo trimestre emerge che la banca a fine settembre aveva impieghi complessivi per 8,4 miliardi e su questi una percentuale di crediti deteriorati netti dell'11,3%, più o meno 950 milioni, coperti per circa il 25%. Allo stesso tempo la raccolta diretta si attestava attorno ai 9,6 miliardi, di cui 1,77 miliardi sono recuperati all'interno del gruppo. Il che fa immaginare che la compagnia sia un'importante fonte di funding per la banca e questo fa intuire che separare i loro destini possa rivelarsi un'impresa difficile. Tanto più se si considera che anche parte della rete è sovrapposta. (L.G.)
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