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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2012 alle ore 08:03.
Ormai è come il gioco del gatto con il topo. Con il gatto (gli investitori) che ad ogni seduta va a caccia, nell'unico modo che conosce cioè vendendo, di quel topolino rappresentato ormai dalle banche italiane che continuano a perdere valore di Borsa. Una sorta di stillicidio continuo in cui non c'è spazio per nessuna logica razionale.
Non contano i dati di bilancio. Se le banche in questione faranno quest'anno utili o meno. Se quegli utili saranno in linea con il 2010 o più sotto. Se i margini saranno in caduta libera o meno. Tutto questo alla Borsa non interessa. Non in questa fase. Il problema è che questa fase ormai sembra un dato strutturale, poichè si trascina dall'estate scorsa e di fatto viaggia pari pari con l'assillante aumento degli spread dei titoli governativi italiani sull'inossidabile (per ora) Bund tedesco. Si prenda a titolo d'esempio la giornata di ieri. Non solo Unicredit ha visto ancora una brusca caduta sia del valore del titolo (-12,8% a 2,286 euro) che dei diritti (-65,4% a 0,47 euro). Una caduta che ha sorpreso molto gli osservatori dato che già settimana scorsa il titolo si era allineato al prezzo scontato dell'aumento da 7,5 miliardi.
Lo scacco delle ricapitalizzioni
Ma se UniCredit non smette di scendere, causa ricapitalizzazione, che c'entrano Banca Mps e Banco Popolare o Ubi Banca? Siena ha perso addirittura il 14,4% e quota sotto i 20 centesimi. Banco Popolare ha lasciato sul terreno il 5,3% a 83 centesimi e Ubi ha chiuso ieri a -3%. La risposta è automatica: per tutte e tre l'Eba ha chiesto di rafforzare il patrimonio. E allora il gioco del gatto con il topo trova una sua perversa ragion d'essere. Se si sa da mesi che le prime 5 banche italiane (solo Intesa esclusa) devono ricorrere al mercato, il gioco di abbassarne le quotazioni diventa un gioco da ragazzi.
Meno il titolo vale, più è conveniente aderire. Si media il valore di carico delle azioni. Il mercato è impietoso in questo, ma va detto che aver da mesi annunciato la necessità di aumentare il capitale è stata la miccia ideale per muovere la scommessa al ribasso.
Il paradosso: cade anche chi non deve ricapitalizzare
Se la ricapitalizzazione da 15 miliardi per il sistema bancario italiano spinge il mercato a muoversi in senso ribassista, che c'entrano le banche che non hanno necessità di mezzi freschi? Intesa Sanpaolo è tra queste. Eppure ieri il titolo è scivolato del 3,17% a 1,1 euro.
Ma ha perso anche la tranquilla, e isolata dallo tsunami finanziario, Banca Pop Sondr in calo dell'1,4%.
E Mediobanca? L'istituto italiano con il più alto Core Tier 1 e che certo non deve ricorrere al mercato è caduta ieri del 6,9% a quota 3,82 euro. Come si vede è ormai un'ecatombe collettiva. Che ha poco a che fare con i fondamentali.
Si attaccano le banche per attaccare l'Italia
Intesa capitalizzava ieri 17,6 miliardi. Dovrebbe fare secondo gli analisti oltre 2 miliardi di utili netti nel 2011 e 2,3 miliardi nel 2012. La banca ha un patrimonio di 59 miliardi di euro. È a rischio questo patrimonio valutato dal mercato meno del 30%? No, perchè la banca continua a fare profitti e non ci sarà prevedibilmente nessuna erosione di capitale l'anno prossimo. E allora come si vede i fondamentali non servono più a nulla. Perchè vendere Intesa se non ha problemi nè di capitale nè di liquidità nè tantomeno di profittabilità?
La ragione per Intesa, come per le altre non sottoposte al giogo delle ricapitalizzazioni, è che sotto attacco c'è l'Italia e quell'attacco è fatto attraverso le sue banche e i suoi titoli di Stato. Si dice che pesano i 150 miliardi di BTp in pancia alle prime 5 banche. Ma quei BTp, come ha dimostrato nei giorni scorsi Il Sole-24Ore, per una buona metà vanno a scadenza entro settembre di quest'anno a un valore di 100. Quindi nessun rischio di perdite per i bilanci delle banche. Si è detto che c'è un problema di rifinanziamento. Ma anche questo non è vero, avendo le banche italiane asset esigibili presso la Bce per più del doppio delle scadenze di debito che devono affrontare. E allora il gatto va a caccia del topo perchè gioca contro l'Italia. Un gioco perverso: UniCredit con la caduta del valore ha visto di fatto già vanificato il suo aumento di capitale in corso.
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