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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2012 alle ore 16:20.

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Procede incessante la riorganizzazione del gruppo Ubi Banca che nelle ultime settimane, stante l'aggravarsi della crisi finanziaria che ha colpito tutto il settore del credito, ha di fatto "riscritto" il piano industriale 2011/15. In una nota inviata ai sindacati nei giorni scorsi, il gruppo annuncia la chiusura di 84 tra filiali e minisportelli e la "riqualificazione" di altre 38 punti commerciali. Numeri ben superiori a quelli indicati nella presentazione al mercato del piano, avvenuta il 16 maggio scorso.

Va ricordato che, nonostante sei mesi di trattativa tra il management del grande gruppo Popolare i sindacati interni non si è trovato alcun accordo sul nuovo progetto d'impresa, che la banca si avvia dunque a realizzare unilateralmente. Non c'è da dubitare che dunque il nuovo programma contribuirà ad acuire ulteriormente le già calde tensioni sindacali.

Le vecchie indicazioni sulla rete
All'epoca, il piano indicava che «nel periodo 2009-2011, a fronte di una sostanziale continuità del numero di aperture, il gruppo si è focalizzato prevalentemente su interventi di razionalizzazione (chiusure e/o riqualificazioni), volti ad eliminare sovrapposizioni sul territorio. Nel periodo 2012-2015 è prevista una sostanziale stabilità della rete filiali con l'apertura di 50 sportelli nelle zone di sviluppo ed interventi di razionalizzazione di 60 sportelli (40 chiusure e 20 riqualificazioni) nei territori consolidati. Verranno inoltre realizzati 170 interventi di "valorizzazione" di filiali selezionate, con l'obiettivo di migliorarne l'immagine e la visibilità per aumentarne le potenzialità».

Il modello di rete prescelta veniva definito "a clessidra" «per consentire forte interconnessione cross Mercato e cross Filiera per lo sviluppo di sinergie sul territorio». Questo progetto si sarebbe declinato nella «introduzione delle Direzioni Territoriali quali principali punti di riferimento cross Mercato» con «l'ulteriore rafforzamento del presidio dei "micro territori"» e «l'introduzione di filiali capofila che coordinano filiali aggregate». Infine il gruppo dichiarava di puntare sulla «valorizzazione dei minisportelli e delle filiali aggregate per un presidio efficiente del territorio. A differenza delle filiali aggregate, i minisportelli non hanno autonomia contabile, hanno la sola presenza di gestori non specializzati e non gestiscono i rapporti con i clienti complessi».

Il nuovo programma di chiusure
Le 84 chiusure riguarderanno 36 filiali e 48 minisportelli. La banca rete maggiormente toccata sarà Carime, che perderà una filiale e 23 minisportelli, seguitda dal Banco di Brescia (saranno chiusi 16 filiali e 7 minisportelli). Saranno 14 le chiusure nelle rete della Popolare di Ancona (oltre a 11 "dequalificazioni" da filiale a minisportello), 10 in quella di Commercio e Industria (che però dovrò scontare 20 interventi di "degradazione" da filiale a minisportello), cinque a carico della Banca regionale europea (con sette passaggi da filiale a minisportello), quattro per il Banco di San Giorgio, tre per la Popolare di Bergamo e verrà chiusa la sede di Firenze di Ubi Banca Private Investment.

Le chiusure di sportelli nel gruppo Ubi scatteranno a partire dal 24 febbraio. Nonostante siano coinvolti 122 punti sugli oltre 1.800 della banca (metà dei quali in Lombardia), secondo la comunicazione aziendale le chiusure e le trasformazioni che coinvolgeranno la rete non determineranno alcun esubero occupazionale grazie all'utilizzo di misure di mobilità territoriale e di interventi di riconversione professionale. I clienti i cui conti sono aperti in una filiale chiusa verranno trasferiti su un altro punto della rete, come pure i rapporti creditizi "complessi" (ad esempio quelli con le piccole e medie imprese) aperti in filiali destinate a trasformarsi in minisportelli.

nicola.borzi@ilsole24ore.com

- L'elenco degli sportelli chiusi

- L'elenco delle nuove filiali capofila

- L'elenco degli sportelli "riqualificati"

- La geografia delle banche coinvolte

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