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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2012 alle ore 08:22.

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Con l'affaire Fonsai-Unipol si riapre il "gioco dell'Opa" o, meglio, "il gioco delle esenzioni dall'Opa". In una vicenda già complessa ed il cui esito non è affatto scontato, una delle tessere del mosaico ancora fuori posto riguarda le eventuali deroghe alla legislazione sulle offerte pubbliche obbligatorie che i protagonisti dei negoziati in corso sono pronti ad invocare per limitare il costo, già salato, dell'operazione.

In apparenza le condizioni per far scattare l'Opa ci sono tutte visto che la famiglia Ligresti, storico controllante di Fondiaria Sai attraverso Premafin, è in uscita dalla società e dunque qualcun altro (Unipol, Clessidra o altri investitori) ne prenderà il posto. Tuttavia la condizione finanziaria fortemente appesantita sia per Fonsai che per la controllante Premafin pongono le premesse per utilizzare le deroghe previste dalla legislazione in caso il cambiamento del controllo avvenga nell'ambito di una ricapitalizzazione volta a risolvere la crisi societaria. Tutto però dipende dalla combinazione finale che assumerà il progetto di ristrutturazione. E probabilmente a sondare le possibili vie d'uscita sono finalizzati i discreti contatti che i consulenti delle società coinvolte – lo studio Carbonetti per Fondiaria-Sai – stanno avendo in questi giorni con la Consob, l'authority di vigilanza del mercato.

La fattispecie più semplice da identificare è quella relativa a Fondiaria Sai. Il cambio del controllo nell'ambito della ricapitalizzazione avverrebbe infatti su «richiesta di un'autorità di vigilanza prudenziale», condizione richiamata esplicitamente dal regolamento della Consob come fattore specifico di esclusione dall'Opa. L'autorità prudenziale, in questo caso, è l'Isvap (il vigilante sul mercato delle polizze) che ha chiesto al gruppo assicurativo di rafforzarsi patrimonialmente per raggiungere un margine di solvibilità di almeno il 120% del livello minimo. Per evitare l'offerta pubblica, in questo caso, sarebbe sufficiente l'ulteriore condizione di voler evitare, con la ricapitalizzazione, l'amministrazione straordinaria o la liquidazione coatta.

L'esenzione da "ratios patrimoniale" non potrebbe ovviamente valere per Premafin, una finanziaria che solo indirettamente è soggetta all'autorità dell'Isvap. Ma anche il cambio del controllo nella scatola della famiglia Ligresti potrebbe giovarsi di esenzioni previste dall'attuale regolamento della Consob. Anche Premafin versa infatti in uno stato di grave disagio finanziario, caricata com'è di debiti. Se l'ingresso di un controllante avvenisse nell'ambito di un aumento di capitale attestato dalla «omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti» anche in questo caso il ricorso all'offerta pubblica potrebbe essere evitato.

La terza ipotesi, allo studio degli advisor che stanno seguendo l'operazione (vedi articolo nella stessa pagina), riguarda la possibilità che il cambio del controllo si realizzi nell'ambito di una fusione (ad esempio tra Premafin, Unipol e Fonsai). È il caso "normale" di esclusione dall'Opa che si realizza per integrazioni societarie portate al vaglio delle assemblee degli azionisti delle società coinvolte. Perchè possa essere disposto l'esonero - precisa il regolamento della Consob - le operazioni devono però essere approvate dalla maggioranza di soci diversi da quello che, al termine dell'integrazione, assumerà una partecipazione superiore alla soglia d'Opa del 30% (o comunque superiore al 10%). In alternativa all'offerta pubblica gli azionisti dissenzienti, come forma di exit, potrebbero comunque ricorrere al recesso.

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