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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2012 alle ore 09:23.
E ora, tocca all'Efsf? Con la decisione controversa di Standard & Poor's di ridurre la votazione di alcuni paesi europei il rischio è che anche il fondo di stabilità possa subire una riduzione del proprio rating, proprio mentre da più parti si sostiene che il parafiamme della zona euro ha una potenza di fuoco insufficiente. L'Esm, svincolato dai rating dei Paesi membri, appare una soluzione più sicura.
Nato nel 2010, l'Efsf non ha capitale proprio. Vive di garanzie provenienti dai Paesi membri della zona euro. Queste garanzie hanno permesso al fondo di emettere obbligazioni Tripla A, utilizzando il denaro raccolto per aiutare stati in difficoltà, proprio perché numerosi paesi avevano questo stesso voto. Oggi il futuro del rating dell'Efsf è drammaticamente incerto (un suo taglio comportebbere tra le altre cose un aumento dei costi di emissione).
Non è un caso se in dicembre la stessa S&P avesse messo sotto osservazione, oltre ad alcuni Paesi della zona euro, anche lo stesso fondo di stabilità. Pur di mantenere il rating, gli azionisti del fondo possono decidere di creare una riserva finanziaria che l'Efsf manterrebbe a disposizione per garantire i rimborsi delle sue obbligazioni. Il difetto è che il denaro da utilizzare per i paesi in crisi finanziaria diminuirebbe.
La situazione di oggi complica non poco l'idea di potenziare il fondo attraverso i contributi dei Paesi emergenti e dimostra tutti i limiti della decisione tedesca di puntare su garanzie piuttosto che denaro contante pur di non sborsare fondi pubblici. La scelta è stata in parte rinnegata con la nascita dell'Esm, la cui entrata in vigore è prevista in luglio.
L'Esm non vive di garanzie, ma di un capitale di 80 miliardi di euro che utilizza per emettere obbligazioni. Il suo rating non dipenderà dalla solvibilità dei suoi azionisti, ma dalla bontà della sua gestione. La (probabile) riduzione del rating dell'Efsf rende l'Esm ancor più urgente. Ma l'effetto-domino a cui stiamo assistendo dovrebbe indurre a una riflessione più generale sul modo in cui l'Europa vuole vincere la crisi.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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