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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2012 alle ore 10:29.

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Unipol ci riprova. La compagnia dei cooperatori emiliani (e non solo) aderenti alla Lega, nata nel 1962 a Vallombrosa in provincia di Firenze (una liaison, quella con la Toscana, che in epoche diverse ha pesato nella vita della società basata a Bologna fin dal '63), torna protagonista di un'operazione di merger (in questo caso con la galassia Premafin-FondiariaSai), come già più volte nella sua storia (da Aurora a Winterthur, da Intercontinentale a Universo e Veneta, sono una quindicina le compagnie confluite in Unipol) e soprattutto come era accaduto nel 2005 in occasione della sciagurata scalata alla Bnl, poi finita in mano ai francesi di Bnp-Paribas, con polemiche, spaccature interne al mondo cooperativo, processi e condanne.

«Spero che un altro pezzo dell'apparato produttivo italiano non vada fuori dal Paese», ha commentato pochi giorni fa Giuliano Poletti, presidente nazionale di Legacoop. Il progetto di fusione tra Unipol e FonSai, che darà vita a un colosso del settore assicurativo, è la risposta concreta ai timori di Poletti. Al vertice della compagnia bolognese non c'è più Giovanni Consorte (condannato in primo grado a 3 anni e 10 mesi di reclusione per l'affare Bnl), ma come amministratore delegato c'è il suo braccio destro d'allora, Carlo Cimbri (3 anni e 7 mesi di condanna, sempre in primo grado). E presidente è Pierluigi Stefanini, che nel 2005 da grande azionista (come Coop Adriatica) della catena Holmo-Finsoe-Unipol, appoggiò la scelta strategica di creare un polo finanziario della Lega.

A distanza di anni, poco importa che il disegno abbia perso o meno la colorazione politica (il "rosso" della sinistra e in particolare del partito mutante Pci-Pds-Ds-Pd), che certamente aveva allora e che oggi non ha più, almeno nella sua rappresentazione esterna. È invece curioso il gioco di coincidenza e di incroci lungo l'asse Emilia-Toscana, i cui protagonisti ritornano in ruoli e con accoppiamenti diversi, come in una ballo in maschera di altra epoca.
C'è stato un momento, alla fine degli anni '90, in cui per esempio il Monte dei Paschi accarezzò l'idea di un'integrazione con Fondiaria, allora saldamente in mano a Mediobanca. Il disegno piaceva al sindaco di Siena, il diessino Pierluigi Piccini, ma non ebbe il via libera di Enrico Cuccia, nume tutelare dell'istituto milanese. In quel decennio arrivarono alla ribalta delle cronache economiche i "capitani coraggiosi" (la definizione è di Massimo D'Alema) con la scalata alla Telecom di Colaninno, Gnutti, Consorte e 150 piccoli imprenditore padani, finanziati anche dal Monte dei Paschi, e si comincia a delineare una progressiva polarizzazione d'interessi.

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