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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2012 alle ore 07:11.

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Dalla Parmalat, ai titoli tossici, alla Lehman Brothers. L'attacco delle procure italiane contro le agenzie di rating parte da lontano, dalle indagini sulla Parmalat e sul merito di credito riconosciuto al colosso del latte da S&P's che nel 2000 lo definiva «uno dei gruppi leader nella produzione del latte e derivati». La storia ha fatto emergere un'altra realtà, ed è anche grazie a quel rating BBB- che il gruppo di Collecchio riuscì per anni a raccogliere sul mercato ingenti risorse finanziarie che servirono a coprire in parte quell'ammanco disastroso da 13,5 miliardi di euro.

Un eventuale declassamento avrebbe comportato la revisione dei contratti e un aumento del costo del finanziamento che Parmalat non poteva permettersi di sostenere. La Procura di Parma da tempo ha avviato un'indagine su Standard & Poor's, una vicenda che torna di attualità alla luce di quanto sta emergendo sui declassamenti delle 'triple A' dei paesi sovrani.
In attesa degli sviluppi, il Tribunale civile di Milano ha parzialmente accolto le richieste della Parmalat di Enrico Bondi condannando l'agenzia di rating alla restituzione dei corrispettivi percepiti per il rating inappropriato 'investment grade', attribuito al gruppo dal novembre 2000 fino a poco prima del dissesto nel 2003 per 784mila euro.

Da Parma a Trani dove si attendono sviluppi in attesa del deposito della carte dei consulenti nominati dal pm Michele Ruggiero, Donato Masciandaro e Giovanni Ferri che stanno costruendo il database informativo utile per valutare l'attività di Moody's accusata di aggiotaggio informativo: l'ipotesi è quella di avere «elaborato e diffuso» il 6 maggio 2010 «a mercato aperto, verso le ore 11.15, notizie false (anche in parte) sulla tenuta del sistema economico e bancario italiano». L'inchiesta si è in seguito allargata a Standard & Poor's con i procedimenti rimasti distinti. Tra gli indagati, analista di Moody's e tre di S&P's, oltre ai responsabili legali per l'Italia delle due agenzie, tutti accusati di aggiotaggio, manipolazione del mercato e abuso di informazioni privilegiate.

Anche se i tempi di deposito della perizia sono legati a doppio filo a quelli di analisi e verifica dei dati e alle modalità di costruzione empirica del database, è certo che serviranno ancora molte settimane, ai due super esperti, prima di completare - presumibilmente non prima di febbraio - le risposte da dare ai quesiti posti dal Pm. Risposte che saranno utili per la chiusura dell'inchiesta e per la richiesta di rinvio a giudizio che il Pm vorrebbe chiedere, ritenendo i giudizi delle agenzie «falsi, infondati o comunque imprudenti secondo quanto asserito da altre agenzie di rating oltre che dalle supreme autorità nazionali».

Intanto sempre a Trani, si è aperto un altro fronte, quello dei titoli tossici venduti dalle banche. Il pm Antonio Savasta, noto per aver messo sotto accusa i prodotti finanziari di Banca 121, è tornato sul luogo del delitto indagando il vice direttore generale di via Nazionale, Anna Maria Tarantola, ed altri 7 ispettori Bankitalia, tutti coinvolti nell'inchiesta che ha portato al sequestro dei prodotti finanziari 'tossici' messi sul mercato dal 2006 al 2008 dal Banco di Napoli (oggi gruppo Intesa San Paolo), e in un solo caso da Mps. Si tratta dell'altro filone dell'inchiesta che vede 61 funzionari indagati a vario titolo per truffa aggravata ed estorsione. Gli ispettori avrebbero favorito la loro vendita, nonostante sapessero dei rischi che derivavano dalla commercializzazione dei derivati del tipo 'swaps', non segnalando alla Consob fatti rilevanti per la loro inibizione o sospensione.

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