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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2012 alle ore 08:14.

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La partita italiana dell'energia ha come epicentro il Palazzo di Città, elegante costruzione del XV secolo nel centro storico di Torino. È nell'ufficio del sindaco Piero Fassino che si stanno tirando le fila del progetto sulla «Multitutility del Nord», l'idea di una grande compagnia energetica tornata in auge dopo l'accordo tra Italia e Francia sul riassetto di Edison. Sul tavolo dell'ex segretario del Pd, azionista di maggioranza (in co-abitazione con Genova) di Iren, ci sono vari dossier proposti da banche d'affari estere.
L'idea è quella di fare una grande aggregazione Iren-Hera-A2A-Edipower: il piano studiato dai banchieri s'ispira al modello tedesco di Rwe. In Germania i Länder hanno conferito le piccole utilities locali per dare vita a un gigante nazionale, così gli enti locali della maxi-regione padana potrebbero far nascere un colosso dell'energia. Finanziariamente l'operazione si monterebbe con la creazione di una newco da quotare in Borsa dove le varie amministrazioni locali farebbero confluire le loro partecipazioni. La newco costituirebbe quel filtro tra politica e impresa auspicato dal mercato per estrarre valore in Borsa.
Il disegno di un connubio tra politica, realtà locali e industria affascina il Pd e le banche che avrebbe trovato in Fassino più di una semplice sponda politica ma un interlocutore seriamente intenzionato a mettere in piedi un'importante operazione industriale e finanziaria. Il primo cittadino viene descritto come molto scontento dell'assetto attuale di Iren: vero è che il matrimonio ufficiale tra Iride ed Enìa è giovane (appena un anno e mezzo), ma finora non c'è stata una vera integrazione. Fassino, e con lui le banche d'affari, pensano che, sfruttando l'irripetibile occasione del riassetto di Edison, Iren debba allargare il suo orizzonte. Così prima ancora che i banchieri bussassero alla porta, l'esponente del Pd aveva già iniziato un giro delle sette chiese lungo la Via Emilia. E muovendosi nei "feudi" storici della sinistra, ha trovato facilmente porte aperte. Rumor riferiscono già di un primo contatto con Hera, dove una vecchia conoscenza della finanza starebbe convergendo sulle posizioni di Fassino. È l'ex grand commis Tomaso Tommasi di Vignano, uomo-simbolo delle partecipazioni statali negli anni '90. Un passato in Iritel e in Sip (poi Telecom Italia), è approdato in Hera dieci anni fa come presidente, per gestire la quotazione in Borsa. Fassino sa che da sola Iren non potrebbe mai uscire vincente da una trattativa con le ben più corazzata e grande A2A per un'eventuale aggregazione. Iren ed Hera, invece, hanno una stazza analoga e un'evidente complementarietà geografica e industriale: Hera è più forte nella distribuzione ma fatica a soddisfare la domanda di energia e deve approvvigionarsi all'esterno. Iren ha il problema opposto, forte nell'upstream tanto da avere capacità elettrica in eccesso da smaltire. Un incastro perfetto che Fassino vorrebbe favorire giocando sul tempismo: ci vorranno almeno sei mesi prima che Edipower, separata da Edison, diventi tutta italiana e tra l'altro la partita è più complicata del previsto (si veda altro pezzo in pagina). Ai piani alti sopra Iren vorrebbero dunque sfruttare quel limbo per mandare in sposa Iren ed Hera e creare una municipalizzata sovraregionale che avrebbe le dimensioni adeguate per andare a trattare alla pari con A2A.
Il disegno di Fassino e delle banche d'affari si scontra però con una serie di ostacoli interni. Se l'anima torinese spinge per l'operazione, quella genovese frena tanto che dalla stessa capitale sabauda accusano l'amministrazione di Marta Vincenzi di essere ancorata a una visione troppo statalista. Il sindaco di Genova vorrebbe prima consolidare Iren e solo dopo pensare a una grande aggregazione. Insomma prendere tempo, anche perché a Genova la giunta è in scadenza di mandato e in pieno clima elettorale. Sta di fatto che attorno a queste due posizioni vanno aggregandosi gli schieramenti: Maurizio Chiarini, ad di Hera, appoggia la linea di Fassino e del presidente Tommasi, ma al piano di sopra il sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio, affianca la Vincenzi.
C'è anche un «Piano B»: il progetto della multiutility sconta infatti il sì di A2A, che però scontato non è (anche perché anche anche lì i vertici sono in scadenza). Dovessero i lombardi dire no a un matrimonio, sarebbe pronta un'alternativa: la triestina Acegas. I più informati dicono che un flirt tra Iren e Acegas già c'è stato. I numeri della municipalizzata friulana non possono certo competere con quelli di A2A, ma nascerebbe un asse Triveneto-Nordovest che isolerebbe i lombardi.
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