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Questo articolo è stato pubblicato il 24 gennaio 2012 alle ore 13:19.

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Felipe Calderon (Lapresse)Felipe Calderon (Lapresse)

Tra gli ospiti di riguardo a Davos è atteso Felipe Calderon, il presidente del Messico, quest'anno alla guida del G-20, che porta sulle nevi svizzere il pregevole biglietto da visita di un'economia in netta crescita, macchiato però dalla lunga scia di morti nella lotta contro il narcotraffico.

Il vertice annuale G-20 si terrà il 18 e 19 giugno a Los Cabos, uno dei cinque comuni della Bassa California del Sud, dove ci sono alcune delle più famose località balneari del paese. Tocca invece agli Stati Uniti nel 2012 la leadership del G-8: il summit dei capi di Stato e di Governo si svolgerà in maggio a Chicago (nel 2011 le due presidenze sono state entrambe garantite dalla Francia).

In passato ai grandi appuntamenti internazionali non stavano quasi mai in prima fila i paesi dell'America latina, un continente sinonimo di recessione, inflazione e instabilità. Adesso il Brasile – che nel 2011 ha scavalcato Gran Bretagna e Italia, diventando la sesta economia mondiale - è corteggiato dall'Eurozona in cerca di aiuti per la crisi del debito sovrano; ma anche l'Argentina della battagliera "presidenta" Cristina Fernandez de Kirchner e il Messico evidenziano un'economia in crescita. Buoni risultati, al di là delle forti diseguaglianze sociali, mostrano inoltre Colombia, Perù e Uruguay.
L'ultimo rapporto dell'ong britannica Oxfam dal titolo «Dimenticati dal G-20», che verrà consegnato al presidente messicano Calderon durante il Forum di Davos, denuncia che la forbice di reddito tra ricchi e poveri sta aumentando in 14 paesi del G-20, registrando le peggiori performance in Russia, Cina, Giappone e Sudafrica. Concentrandosi sugli obiettivi di crescita economica globale, i governi del G-20 - spiega lo studio Oxfam - hanno spesso trascurato i bisogni dei loro cittadini più disagiati, con il corollario che i costi della crescita e il degrado dell'ambiente, gravano sui meno abbienti.

Tra le economie emergenti, proprio il Brasile, l'Argentina e il Messico hanno iniziato un percorso che deve essere proseguito. In Brasile dal 1999 al 2009, quasi 12 milioni di persone sono uscite dalla povertà assoluta (meno di 1,25 dollari al giorno), portando la proporzione di persone che vivono in estrema povertà da circa uno su nove a meno di uno su venticinque.
Anche le nuove previsioni del Fmi contenute nel cosiddetto "update" del World Economic Outlook, in generale ribasso sulle stime dello scorso settembre – ricordiamo ad esempio per l'Eurozona la crescita negativa dello 0,5% nel 2012, a fronte di un +1,1% previsto a settembre – attribuiscono al Messico un +3,5% sia quest'anno, che l'anno prossimo (solo un decimale in meno nel 2012 e due decimali per il 2013, rispetto a quanto previsto in autunno). In Messico il costo dei prodottimanifatturieri locali è del 25% inferiore a quello di qualunque altro paese dell'emisfero Nord; c'è molto lavoro nero, ma l'export negli Stati Uniti va a gonfie vele.

Ogni giorno però il Messico deve anche fare i conti con il narcotraffico. Le cifre sono impressionanti. Secondo la stampa locale, la guerra ai narcos lanciata nel 2006 dal presidente Felipe Calderon ha causato un vero massacro: nei primi 9 mesi del 2011 i morti sono stati più di 12mila, di cui 1.200 solo a Ciudad Juarez, al confine con gli Stati Uniti e cuore delle violenze, e 800 ad Acapulco. Dal 2006, le vittime avrebbero addirittura superato quota 47mila.

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