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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2012 alle ore 14:11.

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L'Eurozona? I titoli pubblici hanno registrato un calo delle tensioni, ma ci vorranno alcuni mesi per capire meglio la direzione di marcia. L'Italia? Il Governo Monti ha già avuto un primo impatto positivo sui mercati. La moneta unica europea? Ci vorrà tempo per superare la crisi, ma alla fine rimarrà. Sergio Ermotti, ticinese, ex top manager di UniCredit ed ora chief executive officer di Ubs, ha partecipato ai lavori del World economic forum di Davos. In un colloquio sugli scenari possibili, Ermotti spiega la sua posizione su alcuni capitoli principali.

Secondo il ceo di Ubs ora occorre tener presente due scenari, entrambi possibili: una soluzione in tempi non lunghi della crisi dei debiti pubblici, un protrarsi di questa crisi ed un accentuarsi del rallentamento economico a livello internazionale. «Dobbiamo essere pronti ad entrambi – dice Ermotti – anche se è certamente auspicabile il primo scenario di graduale soluzione della crisi dei debiti, che richiederà comunque alcuni mesi. Penso che le incertezze sui mercati influiranno almeno sino all'autunno di quest'anno. I titoli pubblici dei Paesi dell'Eurozona considerati deboli nelle ultime settimane hanno potuto usufruire di un calo delle tensioni. Questi titoli scontano già alcune misure che sono in vista per il superamento della crisi. Ma bisognerà vedere l'applicazione di queste e di altre misure necessarie nella prossima fase».

A proposito di Paesi che sono stati in questi mesi nell'occhio del ciclone, l'Italia come si pone a questo punto? «Il Governo di Mario Monti – afferma Ermotti - sta cercando di realizzare misure importanti ed ha già ottenuto un primo impatto psicologico positivo sui mercati. Anche nel caso dell'Italia bisognerà vedere nei prossimi mesi l'applicazione delle misure».
Quali, a questo punto, le prospettive per l'euro? «Ci vorrà del tempo per superare la crisi – risponde il ceo di Ubs - ma credo che alla fine l'euro rimarrà. Se qualche Paese dovesse uscire, avrebbe tanti e tali problemi da convincere gli altri Paesi in dubbio a rimanere. Sarebbe meglio peraltro che nella prossima fase il valore dell'euro scendesse un po' in rapporto al dollaro, per dare ossigeno alle esportazioni dell'Eurozona. Non penso comunque che l'Unione europea e l'Eurozona possano lasciare che si affermi negli anni a venire un modello completamente disaggregato, che rischierebbe di renderle più deboli nel confronto con altre grandi aree economiche».

In tutto questo, come sta navigando il sistema bancario svizzero? «In una comparazione internazionale – dice Ermotti – certamente il sistema bancario svizzero oggi si colloca bene. Avendo mantenuto una leadership nella gestione di capitali, il sistema elvetico a maggior ragione riscuote l'interesse di molti investitori, considerando anche le conseguenze della crisi dei debiti pubblici e le turbolenze sui mercati finanziari. Ciò è positivo per le banche svizzere, ma non è interesse della piazza finanziaria elvetica che la crisi di Paesi vicini si protragga, perché se si andasse oltre un certo limite gli effetti negativi poi toccherebbero tutti».

Ancora sul versante svizzero, il ceo di Ubs ritiene auspicabile che non vi sia un ulteriore rafforzamento del franco. «La forza della nostra moneta – spiega Ermotti – segnala anche la posizione virtuosa della Svizzera, che ha un sistema Paese che funziona e conti pubblici in ordine. Ma anche il meccanismo della valuta rifugio non può andare oltre un certo limite. L'export elvetico rischia di essere frenato dal rallentamento dei principali partner commerciali ed anche dalla forza della moneta. D'altronde anche le banche elvetiche rischiano di avere effetti valutari negativi sui conti in euro, in dollari, in altre monete. Va bene un franco forte, ma non troppo forte».

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