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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2012 alle ore 07:50.

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I Benetton alzano il velo dell'Opa sulla casa di moda ialiana più famosa al mondo. La famiglia veneta lancia un'offerta a 4,6 euro per azione per comprare il circa il 30% di flottante e prendersi tutta United Colors of Benetton, la storica azienda di famiglia. Sul mercato si preannuncia battaglia per spuntare un rialzo.

Il premio offerto da Edizione, la cassaforte della famiglia di Ponzano Veneto che controlla il 67% del brand, è molto alto se calcolato sui valori dell'ultimo mese, rispetto al quale regala addirittura un +44%. Ma si assottiglia a un magro +6% sui dodici mesi e 4,6 è meno di quanto il titolo quotava a fine agosto. Per gli imprenditori veneti è un affare e una ghiotta opportunità. Con le prospettive di un'economia in recessione (che si porta dietro un calo dei consumi voluttuari), con i concorrenti di Benetton che ormai hanno superato il pioniere (oggi la spagnola Zara, sbarcata molto dopo sul mercato, fattura più di 10 miliardi contro i due del brand italiano), tornare privato garantisce maggiori spazi di manovra che gli obbglh inomtivi e l'ansia da trimestrale, tipica delle quotate, non dfavoriscnono. C'è da rilanciare l'azienda e fuori dalla Borsa è più facile

E allora la scelta del timing non poteva essere più azzeccata: con il titolo depresso e investendo una cifra tuttosommato contenuta, 276 milioniche è l'esborso massimo ipotizzando un'adesione totale e al netto del 6% circa di azioni proprie), la famiglia avrà il controllo assoluto di un'azienda che oggi la Borsa sottovaluta. Secondo indiscrezioni, infatti, il valore degli immobili di Benetton (oltre un centinaio di boutique nelle location più esclusive del mondo) è stimato in oltre un miliardo. A Piazza Affari, la società tutta capitalizza appena 700 milioni. Con l'Opa è come se i Benetton si ricomprassero il solo patrimonio immobiliare a sconto. Senza considerare, poi, del valore del marchio «Benetton» e dell'equity (tenuto conto che si tratta di un gruppo profittevole, pur con margini in netto calo negli ultimi anni), asset che oggi il mercato è come se valutasse zero.

A mettere a disposizione la finanza necessaria per l'Opa ci sono Mediobanca, forte dello storico legame coi Benetton (che sono anche azionisti di Piazzetta Cuccia), Unicredit e Banca Imi. Morgan Stanley affianca invece la società, mentre per le minoranze potrebbe scendere in campo Goldman Sachs. Gli aspetti legali sono stati studiati dai più importanti studi del paese: Bonelli Erede Pappalardo (con Roberto Cera e Mauro Cusmai) per la famiglia e Gianni Origoni per l'azienda.
Resta da capire se il mercato darà il suo gradimento all'operazione: ieri l'annuncio è stato fatto a mercato chiuso e oggi si vedrà la prima reazione della Borsa. L'offerta rischia di essere allettante solo per chi è un fresco azionista di Benetton. Per il cassettista o l'azionista storico, l'Opa lascerà l'amaro in bocca: rispetto ai massimi degli ultimi anni (7,55 euro toccati nell'ottobre 2009) o anche dai 6 euro del 2008, l'offerta messa sul piatto dai Benetton è a perdere.

Nei casi di delisting, però, c'è poco da fare: chi non consegnerà i titoli si ritornerà a essere azionista di una società illiquida, praticamente impossibile a vendere se volesse. L'unico spazio di manovra è sperare in un rilancio: «A questo prezzo agli azionisti di minoranza non ricevono nemmmeno il valore degli immobili ‐ notava ieri l'analista di un primario ufficio studi che chide l'anonimato ‐ e mi aspetto scintille nei prossimi giorni». Se i Benetton sono intenzionati ad andare fino in fondo, potrebbero vedersi costretti a ritoccare il prezzo nel caso in cui dal mercato dovessero arrivare segnali di un flop dell'Opa.

Quale che sia l'esito, la componente finanziaria non spiega del tutto la decisione dei Benetton. Al comando sta salendo la seconda generazione e l'Opa sull'azienda di famiglia è anche una mossa strategica per ridisegnare l'assetto familiare. Non è un mistero che in passato ci sono stati attriti tra Gilberto Benetton, il cervello finanziario della famiglia, e Alessandro, il figlio di Luciano considerato il «delfino» della seconda generazione. Il 48enne manager è oggi vice-presidente e con l'assemblea della prossima primavera potrebbe salire alla carica di presidente. Sarà lui a gestire la nuova fase dell'abbigliamento con ricadute su tutta la galassia. La governance blindata della dinastia, dove i quattro fratelli fondatori hanno fatto un passo indietro hanno ciascuno e scelto un loro figli a rappresentarli nella cassaforte Edizione.

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