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Questo articolo è stato pubblicato il 03 febbraio 2012 alle ore 06:43.

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C'è un business model da rivedere, quello di Benetton, un piano di sviluppo da avviare, quello di Adr, un'avventura da ripensare, Sintonia e una partecipazione sulla quale aprire approfondite riflessioni, Autogrill. Ponzano Veneto è un cantiere aperto e alla direzione lavori sembrano esserci almeno due uomini: Alessandro Benetton da un lato e Gilberto Benetton dall'altro. Sono loro, al momento, ad avere in mano le chiavi per la svolta di Edizione.
Al figlio di Luciano, presto presidente di Benetton, è stato affidato il compito più difficile: rilanciare l'azienda e il marchio di famiglia. Una missione assai complicata che parte da un'operazione di mercato particolarmente delicata: il delisting della società dalla Borsa di Milano 26 anni dopo l'Ipo che ha fatto la fortuna della dinastia. L'uscita di Benetton dal listino è funzionale alla necessità di modificare radicalmente il business model dell'azienda di moda che deve ripensare sé stessa per tornare competitiva sul mercato. È evidente che questo può essere solo un progetto di lungo respiro che richiede dedizione assoluta e che ha tempi non compatibili con le esigenze di Piazza Affari che invece pretende aggiornamenti periodici e risultati visibili. Benetton è un gruppo che poggia su tre brand, Benetton stessa, Sisley e Playlife. Sul primo, evidentemente, passaporto per l'immagine della famiglia nel mondo, verranno concentrati gli sforzi maggiori mentre per Sisley, brand che resta centrale nella filosofia del gruppo, si potrebbe anche considerare la creazione di un'unità indipendente da valorizzare secondo le opzioni migliori. Magari sul modello di quanto Inditex ha fatto con Massimo Dutti. Non va dimenticato, peraltro, che in molti si aspettano che Alessandro Benetton in quest'avventura metta a frutto la decennale esperienza che l'imprenditore si è costruito nel settore del private equity.
Quanto a Gilberto Benetton, nel riannodare le fila di tutte le partecipazioni diverse dalla moda, il fondatore perderà l'appoggio di uno degli uomini chiave di Ponzano Veneto, ossia Gianni Mion. Il manager sembra voler compiere un definitivo passo indietro. Difficile immaginare ora chi possa raccoglierne l'eredità. Di certo, Mion in questi anni ha formato una squadra di manager di alto profilo all'interno di Edizione che potranno temporaneamente sostituirne le funzioni. In primis, Carlo Bertazzo, novello amministratore delegato di Gemina e come tale primo attore di una delle sfide cruciali per Ponzano Veneto, ossia l'avvio dell'ambizioso piano di investimenti da 12,1 miliardi per Aeroporti di Roma. Un piano che vedrà la luce non appena si scioglierà il nodo delle tariffe. Tema sul quale i Benetton hanno messo al lavoro anche Fabrizio Palenzona, numero uno di Adr.
Il futuro di Sintonia, invece, è ancora tutto da definire. È chiaro che, complice la crisi che ha investito i mercati, non è più pensabile possa perseguire la missione che si era inizialmente data, ossia diventare una sorta di maxi holding delle infrastrutture. In virtù di questo, entro l'anno si compirà un primo passaggio importante, ossia il trasferimento in Italia della finanziaria. Avvenuto il quale sul destino di Sintonia si apriranno le più disparate opzioni, non ultima quella della scissione con l'attribuzione ai soci del pro quota detenuto nelle due partecipazioni chiave, Gemina e Atlantia. Prima che ciò avvenga, con ogni probabilità, Sintonia arrotonderà ancora la propria partecipazione nel gruppo autostradale. Una compagnia che ha dato e sta dando importanti soddisfazioni ai soci e che recentemente si è impegnata anche in una campagna di espansione in Sud America.
Proprio le ambizioni di crescita in America Latina si vanno a incrociare con una partita fondamentale per Atlantia, ossia il futuro della partecipazione in Impregilo. Il patto è in scadenza, l'offerta del gruppo Gavio è sul tavolo, la quota dei Ligresti per metà può essere opzionata e poi Salini è alla finestra che attende un segnale.
A valle di tutto ciò Gilberto Benetton non potrà esimersi da prendere nuovamente in mano il dossier Autogrill. La società funziona, e anche bene, ma i margini di espansione sono ancora alti. Basterebbe, come ha fatto intendere Mion, rinunciare all'ossessione del controllo in modo tale da favorirne ancor di più lo sviluppo oltre i confini italiani. Tanto più oggi che il decreto liberalizzazioni rischia di andare a impattare su quel 20% di fatturato che il gruppo ancora produce nel Paese.
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