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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2012 alle ore 20:22.

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Una performance da record. Impensabile per un titolo governativo. E forse irripetibile nelle sue proporzioni e in tempi così limitati. Eppure è quello che è accaduto nelle ultime settimane alle obbligazioni di Stato italiane, il cui prezzo sulla scadenza decennale è aumentato dell'10,6% da inizio anno.

Chi avesse investito insomma 10 mila euro sui BTp a 10 anni solo un mese fa, oggi si ritroverebbe in tasca 11.060 euro, con una plusvalenza teorica di 1.060 euro. Un apprezzamento superiore pure a quello realizzato nel frattempo dall'oro, il cui prezzo spot è salito del 10,3 per cento. E pensare che il lingotto è nel pieno di un rally che dura da due mesi.

Nello stesso periodo, l'unico, tra i principali asset class globali, in grado di superare un risultato analogo è stato l'argento (+21,3%), commodity storicamente soggetta a fortissima volatilità. La carta italiana è insomma riuscita a fare meglio non solo di tutti i più scambiati titoli governativi mondiali, ma anche dei più rappresentativi indici azionari, dall'Msci Emerging Equities (+9,1%) all'Msci dei paesi sviluppati (+5,7%).

Le ragioni del rialzo
Il rally del BTp è storia di questi giorni. Dopo essere stato scaricato a partire dallo scorso luglio da investitori istituzionali, italiani ed esteri, il debito di Roma sta guadagnando appeal agli occhi di piccole e grandi fondi, assicurazioni, banche. I motivi? Diversi. Il primo è legato all'ondata di liquidità immessa nel sistema dalla Bce tramite il maxi-prestito a 3 anni concesso alle banche europee lo scorso 21 dicembre. Il denaro (489 miliardi) arrivato agli istituti è servito, in parte, a ridurre il costo della raccolta, visto che qualsiasi bond bancario dovrebbe offrire rendimenti superiori a quelli offerti dallo Stato. In parte, però, i fondi sono stati utilizzati dagli stessi istituti per comprare titoli di Stato, così da calmierarne i rendimenti, lucrando sulla differenza tra i rendimenti. In secondo luogo, complice la ritrovata credibilità del governo italiano, anche diversi operatori internazionali stanno riaffacciandosi sul mercato nella convinzione che il Paese si sia rimesso in carreggiata. Sono acquisti ancora sporadici ma crescenti, sia nella frequenza che nella dimensione. A chiudere il cerchio, infine, ci si mette la speculazione: nessun gestore internazionale può permettersi di perdere un rialzo come quello dei titoli italiani. Ecco perché, volenti o nolenti, gli investitori si accodano al mercato. E comprano.

Le mosse per il risparmiatore
Cosa conviene fare, dunque, al piccolo risparmiatore di fronte a questo rally? Tutto dipende dal profilo di rischio e dall'orizzonte temporale dell'investimento. Ma, soprattutto, dalla fiducia riposta nella positiva evoluzione della crisi del debito in Eurozona. Qualora i firewall previsti (come l'Efsf) si rivelassero efficaci e le crisi di Grecia e Portogallo fossero arginate, per i BTp ci sarebbe lo spazio per un prosieguo del rally. Un progresso che, va detto, non potrà essere molto ampio per i titoli a breve scadenza, che hanno beneficiato in misura maggiore dell'ondata di liquidità targata Bce: i rendimenti dei BoT a 6 mesi, che ai picchi della crisi toccarono il 6,65%, oggi ad esempio viaggiano attorno all'1,65%. Qualche margine di guadagno in più ci può essere sulle scadenze tra i 3 e 5 anni. In questo caso si può godere di rendimenti buoni (il 5 anni offriva ieri il 4,3%), un prezzo in progressivo miglioramento e una scadenza non troppo lontana.

Per chi vuole provare a raccogliere qualcosa in più, tuttavia, val la pena guardare ai BTp a 10 anni. È una scommessa: se si crede nelle capacità dell'Italia sul lungo periodo e nel ritorno degli investitori globali, e non solo di quelli domestici, il titolo a lunga può essere un'ottima occasione. L'asta della scorsa settimana, in cui il rendimento offerto non è sceso sotto al 6%, ha segnalato che le perplessità ancora permangono. Ma anche per questo, in caso di rasserenamento delle condizioni globali, il margine per un miglioramento potrebbe essere significativo. «Senza eccedere in ottimismo, se il rendimento del BTp a 10 anni scendesse dall'attuale 5,70% al 5%, il BTp potrebbe beneficiare di un aumento di cinque punti in termini di valore, senza contare il guadagno atteso delle cedole: una performance simile potrebbe registrarsi anche nel giro di tre mesi», spiega Rocco Bove, gestore responsabile di Kairos Bond Plus. Sul "quanto" investirvi, ovviamente, vale la solita regola: meglio diversificare. «L'occasione di un rally dei BTp c'è - spiega Andrea Ragaini, a.d. Banca Cesare Ponti - ma non investirei più del 5% del portafoglio su un titolo a dieci anni, per esporre al massimo il 20% sui governativi italiani».

luca.davi@ilsole24ore.com

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