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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2012 alle ore 06:44.

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Quando a fine dicembre la Bce ha erogato agli istituti di credito 489 miliardi di euro al tasso agevolato dell'1%, gli addetti ai lavori lo avevano intuito: con una parte di questi soldi le banche avrebbero ricomprato il loro debito sul mercato a prezzi di saldo. Detto fatto: dopo UniCredit, che ha appena chiuso il riacquisto di 1,86 miliardi di euro di titoli, ieri sono state Intesa Sanpaolo e il Banco Popolare ad annunciare i cosiddetti buy-back di obbligazioni subordinate.

La prima ha comunicato un'offerta ai possessori di tre titoli del tipo "Tier 1", per un valore nominale di 3,75 miliardi di euro: li riacquisterà mediamente con uno sconto intorno al 10%. La seconda ha proposto il rastrellamento di 12 obbligazioni subordinate, per un valore nominale complessivo di oltre 4 miliardi di euro: li comprerà con uno sconto medio del 17,7%. Presto potrebbe percorrere la stessa strada anche Ubi Banca: oggi il Cda potrebbe assegnare all'amministratore delegato Victor Massiah il mandato di finalizzare un'operazione analoga.

Perché i buy-back
La logica è sempre la stessa: la crisi ha depresso le quotazioni dei prestiti obbligazionari (cioè dei debiti) che le banche hanno sul mercato. Soprattutto i titoli cosiddetti subordinati (quelli a metà strada tra le obbligazioni e le azioni) sono stati colpiti da una furiosa ondata di vendite dall'estate scorsa: i bond del Banco Popolare, oggetto oggi di riacquisto, fino a poche settimane fa quotavano addirittura tra il 40% e il 45% del valore nominale. Questo trend di mercato rende dunque vantaggioso il riacquisto da parte delle banche emittenti: i prezzi sono da saldo rispetto al valore nominale.

I vantaggi dei buy-back, per le banche, sono duplici. Uno: realizzano una plusvalenza (cioè un utile), che va direttamente a rafforzare il patrimonio di base (Core Tier 1). Due: eliminano dal mercato un po' di titoli subordinati, che oltre ad essere costosi diventeranno anche inutili alla luce delle nuove regole di Basilea 3. Fino a poche settimane fa mancavano solo i soldi per farlo. Ma appena la Bce ha erogato prestiti agevolati a pioggia, questo problema è stato superato. Un'ulteriore aiuto è arrivato poi dalla Banca d'Italia: pochi giorni fa ha infatti eliminato alcuni vincoli su queste operazioni. Morale: liberi tutti.

UniCredit, Intesa, Banco, Ubi
UniCredit è stata la prima ad approfittarne. Il 24 gennaio ha lanciato un'offerta di riacquisto su 10 titoli subordinati (con prezzi che variavano dal 50% del valore nominale all'87%), e venerdì l'ha chiusa. Ieri ha diramato i risultati: su titoli che avevano un valore nominale totale di 5,5 miliardi di euro (ma che UniCredit non avrebbe comprato per oltre 3 miliardi), gli investitori hanno aderito per un valore di 1,86 miliardi nominali. Per comprarli, però, UniCredit ha pagato solo 1,327 miliardi: ha dunque realizzato – si stima sul mercato – una plusvalenza lorda di 532 milioni di euro. Questo ha un impatto positivo sul capitale di base (Core Tier 1) di 490 milioni: di fatto lo rafforza di oltre 11 punti base.

Da quando, il 24 gennaio, UniCredit ha annunciato questo buy back, i bond subordinati di tutte le altre banche hanno iniziato ad aumentare le quotazioni: questo ha ridotto sempre più i vantaggi di riacquistarli. Ecco perché, dopo l'intervento sulla normativa di Bankitalia, altre banche si sono subito prenotate: attendere oltre significa annullare i benefici. Ieri Intesa Sanpaolo ieri ha annunciato il riacquisto di 3 titoli "Tier 1". Solo tre, appunto, perché sugli altri non era più conveniente agire. Secondo le stime di Anna Benassi di Kepler, se tutti gli investitori aderissero all'offerta Intesa realizzerebbe una plusvalenza lorda di 380 milioni (280 al netto del fisco). Questo porterebbe un beneficio di 9 punti base sul capitale di base (Core Tier 1).

Stime simili per il Banco Popolare, che ha annunciato il riacquisto di 12 titoli subordinati (Tier 1 e Tier 2). Calcola sempre Kepler che, in caso di adesione totale all'offerta, per il Banco la plusvalenza lorda sarebbe di 710 milioni di euro: il che equivarrebbe a un beneficio di 55 punti base sul "Core Tier 1".

La scelta degli investitori
Banale ricordare che ciò che è conveniente per le banche, non per forza deve esserlo anche per gli investitori. Alcuni buy back in Europa hanno sollevato proteste, per i prezzi troppo bassi. Anche l'offerta di UniCredit, soprattutto su un titolo "Tier 1" ricomprato al 50% del valore nominale, ha creato qualche malumore: che, però, non ha impedito adesioni superiori al 50%. Gli investitori devono tenere presente che questi titoli, che hanno durate molto lunghe o a volte sono perpetui (senza scadenza), offrono alle banche l'opzione di rimborso anticipato (call) al 100% del valore nominale in alcune date prestabilite. Chi non aderisce all'offerta attuale (con sconto), potrebbe dunque sperare che la banca eserciti la "call" e gli ricompri lo stesso titolo al 100%. Ma su questo non c'è alcuna certezza: le banche potrebbero benissimo non esercitare mai la "call". Per gli investitori, insomma, la scelta è tra uno sconto certo e l'incerto.

m.longo@ilsole24ore.com
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