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Questo articolo è stato pubblicato il 19 febbraio 2012 alle ore 16:36.

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PARMA - «Chi merita credito lo continuerà ad avere, com'è sempre stato e com'è giusto che sia da parte di una banca ben attrezzata a controllare i suoi rischi. Non credo che sia il caso di crocifiggere il sistema bancario: oggi più che mai è l'ora della partnership tra banche, imprese, policymakers e authority». Il governatore Ignazio Visco ha concluso da pochi istanti il suo intervento a Parma e Tommaso Enrico Cucchiani, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, accoglie senza esitazioni l'analisi della Banca d'Italia sui tema scottante dei rapporti correnti sulla frontiera credito-impresa. Visco, nel finale, si è spinto tuttavia a paventare un'«asfissia» di finanziamenti verso l'economia produttiva.

«La banca centrale è per definizione il miglior punto d'osservazione su quanto avviene sulla frontiera tra istituzioni finanziarie e clientela, tra sportelli, famiglie e aziende», sottolinea Cucchiani. «Il governatore ha quindi sempre tutti gli elementi per evidenziare tutte le situazioni rilevanti e tutte le sue eventuali preoccupazioni a livello di sistema. Anche il suo invito pubblico di oggi va quindi ascoltato dal sistema e dai singoli gruppi con l'attenzione che va sempre riservata all'autorità di vigilanza».
Ma come accoglie Intesa Sanpaolo la "moral suasion" di Via Nazionale? «E' un momento in cui tutte le aziende sono sotto stress: le banche e le imprese. Però a Intesa registriamo anche molti segnali di apprezzamento da parte della clientela diffusa, molti "grazie". Non a tutti è chiaro, comunque, che la maxi-offerta di liquidità da parte della Bce non è aggiuntiva ma sostituitiva nelle componenti della provvista: di per sé serve ad assicurare l'offerta di credito, non ad aumentarla».

Il "credit crunch" è uno dei tanti problemi-Italia che l'Azienda-Paese deve risolvere al suo interno? «Sicuramente il costo e le rigidità del debito privato risentono molto dello "spread" sovrano e questo può migliorare solo con una riduzione decisa del rapporto debito-Pil da quota 120. Però è vero – dice Cucchiani - che il finanziamento dell'economia è uno dei tanti profili difficili di uno scenario europeo caratterizzato dalla rarefazione della fiducia e dalle troppe frammentazioni di cui ancora soffrono la Ue e in particolare l'eurozona», dice il Ceo di Intesa Sanpaolo.

Più fiducia per più credito: ma attraverso quali strumenti e percorsi di politica economica? «Negli Stati Uniti la mobilità della forza lavoro fra i diversi stati è superiore di 15 volte a quella stimata nell'Unione europea, e addittura più alta di 23 volte la flessibilità interna di un mercato dei capitali confrontabile con quello del Vecchio continente. Riforme strutturali del mercato del lavoro che alzino lo standard europeo devono quindi essere accelerate, ad esempio sulla scia del governo Schrodere in Germania. E senza dimenticare, su questo terreno, che la competitività delle imprese dipende anche dal rispetto della dipendenza fra salari reali e produttività. E' stato per certi versi un paradosso, ma l'euro, nel suo avvio, ha funzionato un po' da narcotico: ha lasciato addormentare quei paesi dell'eurozona che avrebbero dovuto proseguire in modo deciso il cammino delle riforme».

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