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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2012 alle ore 12:56.

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Tre, quattro, cinque per cento. Ci vuol poco a capire che il segreto del boom dei conti deposito sta nel tasso di interesse. È quello il numero che campeggia nei giganteschi cartelloni pubblicitari affissi per strada o in metropolitana ed è quello che ha convinto i risparmiatori a dirottare il denaro che restava parcheggiato nei conti corrente dai rendimenti rasoterra o in altre attività bastonate dalla crisi dei mercati.

Ora però alcune delle condizioni che hanno favorito il lievitare degli interessi a partire dalla scorsa estate si stanno parzialmente affievolendo: le banche, per esempio, hanno ricevuto (e riceveranno mercoledì prossimo) liquidità in abbondanza al tasso di favore dell'1% dalla Bce e verosimilmente non avranno quindi più tutta quella necessità di raccogliere fondi dalla clientela a prezzi più elevati.

La tensione verso il nostro Paese si è allentata tanto che i rendimenti lordi del BoT annuale, che avevano anche superato il 6% nei difficili giorni di novembre, arrivano adesso a stento al 2 per cento. Un elemento che da una parte rappresenta un grattacapo in meno per il risparmiatore, che adesso ha meno dubbi quando sceglie un deposito vincolato che a un anno garantisce più del doppio, ma che dall'altra può far risuonare un campanello d'allarme.

Il titolo di Stato rappresenta infatti un parametro di riferimento importante per i rendimenti degli altri strumenti che servono a gestire la liquidità: la sua corsa irrefrenabile ha fatto lievitare di pari passo anche l'asticella dei tassi dei depositi; l'altrettanto rapida discesa potrebbe adesso autorizzare le banche a fare marcia indietro su quelle remunerazioni. Certo, non si tratterà di un fenomeno immediato. Dopotutto lo stesso deposito vincolato trova la sua ragion d'essere nel garantire ritorni significativamente più elevati rispetto al conto corrente o agli altri strumenti di liquidità. E non è poi detto che le difficoltà sulla raccolta bancaria (specie per alcuni istituti di credito minori) siano necessariamente dietro le spalle: un po' di sana concorrenza contribuirà comunque a mantenere sostenuti i tassi.

Di fatto qualche piccolo ritocco all'ingiù, qua e là e per il momento non generalizzato, si inizia però a vedere. Ed è un segnale che conferma la sensazione comune che l'epoca dei maxi-rendimenti sia ormai prossima alla conclusione: magari sarà una ritirata graduale, ma chi vuole approfittare ancora delle offerte del momento farà meglio a non indugiare molto.

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