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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2012 alle ore 19:21.

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Il G-20 muove a piccoli passi nella costruzione delle barriere per impedire il contagio della crisi della zona euro. Alla fine dovrebbero essere disponibili, fra i fondi europei e le nuove risorse del Fondo monetario, poco meno di 2mila miliardi di dollari, con l'obiettivo di avere una potenza di fuoco sufficiente se dovessero richiedere un intervento di emergenza grandi Paesi come l'Italia o la Spagna.

I ministri finanziari e i governatori delle venti economie più importanti del mondo hanno scritto nel comunicato, la cui pubblicazione era attesa per la tarda serata di domenica, che la questione sarà definita alla loro prossima riunione di aprile, in concomitanza con gli incontri di primavera del Fondo monetario. Dovranno essere però gli europei a fare la prima mossa. E, come sempre, è la Germania a frenare e su di essa si sono concentrate le pressioni soprattutto degli Stati Uniti, ma anche di alcuni Paesi emergenti, compresa la presidenza di turno messicana. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha ripetuto qui a Città del Messico che il rafforzamento dei fondi europei si farà a marzo, come deciso mesi fa dal vertice europeo. «Marzo ha 31 giorni», ha precisato però il ministro, raffreddando l'aspettativa che una decisione potesse essere presa già nel summit del prossimo fine settimana a Bruxelles.

Schaeuble ha peraltro ribadito la posizione tedesca secondo cui «non ha senso un'iniezione indefinita di fondi, nè la stampa di moneta», e che bisogna fare attenzione a non allentare la pressione perché i Paesi aggiustino i conti pubblici e facciano le riforme necessarie. Per ora la Germania ha manifestato la sua disponibilità ad accelerare il versamento dei contributi, in due tranche invece di 5, al nuovo fondo-salva Stati Esm, che entrerà in vigore da luglio e avrà una dotazione di 500 miliardi di euro. I tedeschi sono stati invece finora contrari alla soluzione preferita da quasi tutti gli altri Paesi dell'eurozona di sommare all'Esm i fondi rimasti nell'attuale fondo Efsf, pari a poco meno di 250 miliardi di euro. Il Governo tedesco ha finora rallentato anche per poter superare indenne lo scoglio della votazione parlamentare di domani per l'approvazione del secondo pacchetto di aiuti alla Grecia, sul quale ci sono diversi dissidenti nella maggioranza. Schaeuble si è dichiarato fiducioso sull'esito del voto.

In attesa che gli europei prendano le loro decisioni, alle riunioni di questi giorni gli altri ministri del G-20 si sono limitati a dichiarare la propria disponibilità a rafforzare le risorse del Fondo monetario attraverso prestiti bilaterali dai Paesi membri, ma sempre precisando che questo potrà avvenire solo dopo l'approvazione dei fondi europei e senza quantificare l'impegno. Su questa linea si sono espressi sia il ministro giapponese Jun Azumi (si prevede che Tokyo sarà uno dei maggiori contribuenti) sia i rappresentanti delle grandi economie enmergenti, i cosiddetti Brics (Brasile, Russia, India, Cina Sudafrica), che si sono riuniti sabato sera per concordare una posizione comune. Il direttore dell'Fmi, Christine Lagarde, ha ripetuto qui la sua richiesta di 500 miliardi di dollari (che per ragioni tecniche sarebbero in realtà 600), che andrebbero a sommarsi alle risorse attualmente disponibili di circa 360 miliardi di dollari.
Per quanto riguarda l'economia mondiale, il G-20 nota qualche miglioramento negli ultimi mesi, con un allentamento delle tensioni sui mercati finanziari e i progrssi compiuti da diversi Paesi, ma rileva che la ripresa resta fragile e sottoposta ad altissima incertezza. Un nuovo fattore di rischio è emerso nelle ultime settimane: il balzo del prezzo del petrolio, ormai a 125 dollari al barile, a causa delle tensioni geopolitiche sull'Iran. Secondo il viceministro dell'Economia italiano, Vittorio Grilli, tuttavia, i Paesi del G-20 produttori di petrolio (Arabia saudita, Messico, Russia, Indonesia e Canada) avrebbero rassicurato che si adopereranno perché il rialzo non sia tale da mettere a repentaglio la crescita dell'economia mondiale.

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