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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2012 alle ore 19:13.

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«Svalutazione fortemente prudenziale di 10,233 milioni di euro nell'anno a fronte di operazioni prevalentemente carta contro carta, con impatto solo sulle scritture contabili e nessun riflesso sul cash flow, liquidità, solidità, coefficienti patrimoniali e redditività prospettica». Il nocciolo del comunicato di bilancio 2011 di Intesa Sanpaolo non poteva essere più esplicito sulla volonta-necessità – anche per il secondo "campione nazionale" del credito italiano – di chiudere con la stagione della "finanza di carta": quella che ha portato anche grandi gruppi italiani (non solo bancari: il caso più rilevante resta quello di Telecom) a gonfiare via via gli "avviamenti" negli attivi patrimoniali. La voce che ieri Intesa Sanpaolo ha abbattuto di oltre metà (da 18,8 miliardi) annunciando un rosso-choc da 8,7 miliardi a fine 2011.

I boom di Borsa, le ondate di fusioni e acquisizioni "carta contro carta" e i principi contabili Ias (prezzi di mercato come cardini delle valutazioni di bilancio) hanno reso possibile la crescita di queste "bolle", divenute "mine" dopo il crollo dei mercati e la crisi drammatica dell'industria bancaria. Il "goodwill", in teoria, deve rappresentare le attese di maggior reddito prospettico incorporato in un investimento effettuato : principalmente l'acquisizioni di un'altra impresa. In pratica, negli avviamenti sono finiti i differenziali sempre più alti fra i valori impliciti in operazioni "carta contro carta" agganciate ai picchi di Borsa e i valori "normali" assegnabili a un'azienda sulla base delle sue prospettive industriali. Celebre resta il caso dell'acquisizione di Time Warner da parte di America Online, il cui titolo era stato spinto alle stelle dal Nasdaq. Il maxi-avviamento da 150 miliardi di dollari fu abbattuto di due terzi dopo l'11 settembre 2001, a meno di due anni dall'operazione iniziale. Agli annali rimane il record fra gli "impairment test": le verifiche annuali che i principi e le pratiche contabili in ogni caso impongono da anni (per le banche italiane dell'esercizio 2006).

Intesa Sanpaolo e UniCredit (che ha svalutato il suo goodwill di 8,7 miliardi portandolo a 11,5) hanno in ogni caso accumulato avviamenti meno esagerati, in archi temporali più lunghi e soprattutto sviluppando strategie industriali. Intesa Sanpaolo è oggi il risultato dell'aggregazione di una decina di gruppi in fasi successive (Ambroveneto e Cariplo; Comit; Sanpaolo e Imi; Casse Venete, Cassa Bologna, Cassa Firenze, Banco Napoli). Il "goodwill"su cui ieri il consiglio di gestione ha fatto ruotare la manovra di bilancio – all'indomani del cambio della guardia fra Corrado Passera e Tommaso Enrico Cucchiani come amministratore delegato – risente quindi essenzialmente del forte ridimensionamento delle aspettative di profitto per la grandi istituzioni finanziarie. Non è quindi l'ammissione del fallimento di spericolati "raid" di Borsa, ma la presa d'atto che le attese di creazione di valore che sono strutturalmente alla base di un'aggregazione fra aziende, vanno riviste in modo «fortemente prudenziale».

Per questo il bilancio di Intesa richiama un "utile netto normalizzato" di 1,93 miliardi ed è su questo che il cdg presieduto da Andrea Beltratti, ha deciso di distribuire una cedola di 5 centesimi, ritenendola compatibile con la ricostruzione di un percorso di «redditività sostenibile»: non accogliendo fino in fondo la "moral suasion" della Banca d'Italia (e della Bce appena dietro) a non esternalizzare alcuna risorsa interna alla banca per favorire al massimo il rafforzamento patrimoniale. Il pesante "salasso" in conto economico – concentrato in un anno - ha peraltro un effetto risanatore nello stato patrimoniale, già percepibile nei coefficienti patrimoniali con cui non a caso si apre il comunicato della banca: Il Core Tier 1 è al 10,1% e – soprattutto il coefficiente Eba è al 9,2% dopo la distribuzione di dividendo. Intesa (che effettuato dopo lo scoppio della crisi un solo aumento di capitale per cassa nel 2011) aveva superato lo stress test autunnale dell'authority europea senza ulteriori richieste di rafforzamento patrimoniale.

Le decisioni di Intesa - che sono ora formalmente sul tavolo del consiglio di sorveglianza presieduto da Giovanni Bazoli – consentono oggettivamente alle Fondazioni azioniste (una decina, capeggiate da Cariplo e San Paolo) di poter incamerare un reddito pur minimo sulle loro partecipazioni stabili: questo in una fase in cui l'azione degli enti nel campo del welfare sussidiario è pure fortemente sotto pressione per le svalutazioni patrimoniali e il taglio dei profitti finanziari. Né vanno dimenticato – su questo versante – l'impegno delle Fondazioni nella Cassa Depositi e Prestiti (30% a fianco del Tesoro) e nei fondi strategici satelliti: soprattutto nello sviluppo dell'housing sociale.

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