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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2012 alle ore 06:42.

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U na settimana fa sul giornale filogovernativo argentino Pagina 12 è apparsa la "notizia" che Telecom Argentina quest'anno non avrebbe pagato dividendi. Ma come? La società che fa capo a Telecom Italia non ha debiti (anzi, ha una posizione di cassa attiva), nel 2011 ha aumentato i ricavi di oltre il 26% e l'Ebitda del 24%, chiudendo in utile per oltre mezzo miliardo di dollari dopo aver accresciuto gli investimenti industriali del 25%. Perchè non dovrebbe pagare dividendi? L'uscita ha provocato un po' di sconcerto tra gli investitori internazionali – tanto più che la società è quotata anche a Wall Street – e qualche contraccolpo in Borsa. Dietro la questione, c'è la pressione della presidentessa Cristina Kirchner a non distribuire utili all'estero per reinvestirli nel Paese.
L'Argentina ha il problema di tenere sotto controllo la bilancia commerciale, la bilancia dei pagamenti e soprattutto il cambio e in quest'ottica sta cercando di limitare l'uscita di capitali dal Paese. Di qui l'"appello", secondo le ricostruzioni mirato soprattutto a Ypf, l'"Eni" locale, minacciata di nazionalizzazione e accusata di non fare abbastanza investimenti e di pagare invece troppi dividendi al suo azionista spagnolo, il gruppo petrolifero Repsol.
Fatto sta che tutte le aziende controllate dall'estero hanno dovuto comunque fare i conti con la "moral suasion" della presidentessa. Tra pochi giorni l'Argentina potrà tirare le somme dell'export della soia, principale fonte di introito di valuta pregiata per il Paese. Pragmaticamente il cda di Telecom Argentina ha deciso quindi di rimandare la decisione sulla destinazione degli utili all'assemblea che si terrà il 27 aprile. Ma se il punto è quello di non convertire la moneta locale, il problema per quest'anno non si pone. Se, come tutto fa supporre, Telecom Argentina staccherà la cedola, i dividendi si fermeranno per la gran parte in loco. Nel capitale c'è una piccola quota diretta di Telecom Italia, il cui acquisto è stato finanziato però in pesos argentini e il dividendo servirà al rimborso. Il 24,5% è in mano all'Anses, il fondo pensione nazionalizzato (l'Inps locale). Il 54% fa capo a Nortel – holding quotata controllata da Sofora, a sua volta controllata da Telecom Italia – che ha debito, sotto forma di azioni di tipo A, privilegiate nella remunerazione: i dividendi saranno utilizzati per rientrare su questo fronte. E Telecom Italia, ancora per quest'anno, rinuncerà a raccogliere i frutti del lavoro fatto in Argentina.
Tra i gruppi italiani presenti su piazza, c'è anche Enel che, attraverso la controllata spagnola Endesa, è il principale operatore elettrico del Paese. Di distribuire utili però proprio non se ne parla, perchè a causa delle reiterate leggi di "emergenza pubblica" le tariffe sono insufficienti a fronteggiare l'aumento dei costi. Tema diverso per una società industriale come Pirelli. In questo caso il riferimento è la legge che impone di bilanciare l'import-export. Pirelli in Argentina esporta più di quello che importa nel segmento car, con il nuovo stabilimento, pronto tra il 2013 e il 2014, sarà "in regola" anche nelle gomme per autocarro. Nel Paese è impegnata a investire sul progetto 300 milioni di dollari e può permettersi perciò di far riaffluire a rate, come di prassi in Argentina, i dividendi anche verso la capogruppo italiana.
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