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Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2012 alle ore 10:40.
Le imprese europee preferiscono i bond ai prestiti delle banche. Nel primo trimestre del 2012 l'emissione di obbligazioni da parte delle aziende del Vecchio Continente ha superato l'ammontare di finanziamenti chiesti agli istituti di credito.
Il sorpasso dei bond sulle banche
Secondo quanto rileva il data provider Dealogic da gennaio a marzo l'emissione di corporate bond è balzata del 38% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno raggiungendo quota 179,5 miliardi di dollari. Mentre i prestiti bancari sono crollati del 45%, a quota 112,9 miliardi.
Si tratta di un fenomeno decisamente raro in Europa - dove la correlazione banche-imprese è predominante -, verificatosi nella storia recente solo nei primi tre quarti del 2009, all'apice del credit crunch. Per avere un termine di paragone - come rileva il Wall Street Journal - nel 2007, prima che scoppiasse la crisi subprime poi sfociata nella crisi del credito e adesso dilagata nella crisi dei debiti sovrani dell'Eurozona, l'ammontare dei finanziamenti bancari verso le imprese superava di ben cinque volte il controvalore delle emissioni obbligazionarie delle stesse aziende.
I motivi
A leggere le probabili motivazioni che spiegano il recente andamento anomalo nella raccolta di capitali c'è soprattutto l'esigenza da parte delle banche di ripulire i bilanci e rafforzare lo stato patrimoniale, come imposto dalle nuove regole europee. Ma non è l'unica ragione che spiega il crescente appetito verso il mercato dei bond aziendali. Un altro motivo risiede nella crescente rischiosità dei bond dell'Eurozona con i titoli di Stato tornati da qualche settimana in balia della speculazione con spread (differenziali di rendimento con il Bund) di Italia e Spagna tornati a livelli d'allarme.
A ciò va aggiunto che le due maxi-aste della Banca centrale europea in favore degli istituti di credito (con prestiti a tre anni da rimborsare all'1%) hanno depotenziato l'esigenza delle banche di ricorrere al mercato dei bond, lasciando ulteriore margine di manovra in questo mercato alle imprese.
Nel campo delle ipotesi, qualunque sia la ragione trainante, resta il fatto che quello attuale pare un buon momento per rifinanziare debiti in scadenza, anche se questa non è imminente. Ad esempio, il gigante dell'acciaio Arcelor Mittal ha emesso a febbraio bond per 3 miliardi di dollari in parte per rinnovare un finanziamento che "matura" nel 2013.
Rendimenti in calo
Il buon momento è anche dettato dai tassi in calo. Secondo Rbs gli interessi mediamente pagati dalle imprese con alto rating sui propri bond sono scesi al 3,57% rispetto al 4,84% registrato nell'ultimo trimestre del 2011. Mentre i tassi chiesti dalle banche sui prestiti sono in aumento.
Stando a questi dati le due iniezioni di liquidità (a dicembre e febbraio) "coniate" dal governatore della Bce, Mario Draghi, per foraggiare le banche e, di conseguenza, le imprese, non hanno ancora dato segnali incoraggianti sull'economia reale. Se le imprese preferiscono ricorrere al fai-da-te emettendo bond (e quindi sottoponendo la propria liquidità alla volatilità del mercato) anziché far perno su più stabili e gestibili finanziamenti bancari può voler dire che c'è ancora qualche ingranaggio incriccato nella macchina della ripresa economica.
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