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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2012 alle ore 06:43.

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Ben il 62% del fatturato delle maggiori società di Exor, holding del gruppo Agnelli, è realizzato fuori dall'Europa. Ad affermarlo è il presidente della finanziaria, John Elkann, nella lettera agli azionisti pubblicata in vista dell'assemblea dei soci (29 maggio). Un'iniziativa che è giunta alla sua terza edizione e che, come nelle precedenti missive, punta a condividere le valutazioni del numero uno di Exor sui fatti societari più significativi avvenuti nel 2011 rivelando, in aggiunta, alcuni dettagli sulla strategia dalla società e sulla gestione dei suoi attivi finanziari.
Così, tra analisi macroeconomiche, dati aziendali e citazioni inconsuete (quest'anno il Presidente Elkann richiama Jean Monnet, uno dei padri nobili dell'Unione Europea, a Benjamin Disraeli, che fu due volte premier in Gran Bretagna tra il 1868 e il 1880 e anche al drammaturgo rumeno Eugene Ionesco), la lettera rileva che il viaggio «Fiat-Chrysler è appena cominciato», tanto più se si ha la «fortuna di avere Sergio Marchionne alla guida, che è riuscito a fare meraviglie» e che il mercato considera la società «prevalentemente europea», mentre a ben vedere «il 62% dei ricavi aggregati dei maggiori investimenti di Exor è stato realizzato al di fuori dell'Europa»; in particolare «il 33% deriva dall'area Nafta, il 38% dall'Europa e il 29% dal resto del Mondo. In base a questi calcoli, il principale mercato oggi è di gran lunga gli Stati Uniti d'America, che rappresentano il 27% dei ricavi». Un aspetto, però, che il mercato non ha ancora colto e in ragione di ciò penalizza le quotazioni di Exor (-24,4% il nav nel 2011, complice un -23,9% di performance delle quotate) riconoscendo alla holding un'anima esclusivamente europea. Questo, per certi aspetti, potrà diventare il motore per la ridefinizione futura del perimetro della holding. Dalla lettera emerge infatti che il presidente punta a una semplificazione della mappa di partecipazioni detenute. In particolare, l'obiettivo è concentrare gli sforzi sui principali asset (Fiat Industrial, Fiat, Sgs e Cushman & Wakefield).
«Intendiamo ridurre il numero dei piccoli investimenti, per concentrarci su poche grandi società», ha scritto il presidente aggiungendo poi: «Potremmo, tuttavia, prendere in considerazione investimenti di minore entità in questi due casi: una partecipazione di minoranza a prezzi interessanti in una buona società di cui saremmo orgogliosi di far parte (L'Economist, di cui possediamo il 5%, ne è un buon esempio) oppure una nuova impresa che ha il potenziale per poter crescere, fino a diventare una grande società. Almacantar, società immobiliare con sede a Londra di cui siamo i maggiori azionisti, ha tutte le caratteristiche per rientrare in questa categoria».
Insomma l'idea è di sfruttare, con i denari disponibili, ma in un'ottica evidentemente prudente le opportunità presenti nella "sottovalutata" Europa. Nel frattempo, dopo aver emesso il primo prestito obbligazionario in valuta giapponese nel 2011, Exor è pronta «ad essere più presente sui mercati dei capitali di tutto il mondo».
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