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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2012 alle ore 06:44.
BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
Nulla potrebbe essere più fuorviante dell'aspetto apparentemente modesto di Giuseppe Vita. L'uomo che ieri è stato proposto alla presidenza di UniCredit non è solo una persona garbata nei modi e nello stile. È anche un uomo che si è costruito con caparbietà una vita professionale a cavallo tra due paesi, l'Italia e la Germania, perennemente segnati dalla consapevolezza dei loro vecchi legami storici, ma anche dalle loro profonde differenze caratteriali e culturali.
Vita è nato nel 1935 a Favara, una cittadina siciliana che ospita tra le altre cose - segno del destino? - una ex residenza di caccia di Federico II di Svevia. Studia medicina, e si laurea all'Università di Roma alla fine degli anni 50. Preferisce non seguire il fratello che ha deciso nel frattempo di trasferirsi a New York e opta per la Germania, dove arriva nel 1962 a Magonza, la città di Guttenberg all'incrocio di due grandi fiumi tedeschi, il Reno e il Meno. Nel 1964 è assunto dalla Schering, allora uno dei grandi gruppi farmaceutici europei.
Dopo un breve periodo in Germania, la società gli chiede di tornare in Italia, a Milano, per dirigere le attività italiane della casa madre. Chi si ricorda di quel periodo milanese spiega che Vita riuscì a gestire con successo difficili relazioni industriali in un contesto politico e sociale molto delicato. Il management tedesco ne apprezza le doti diplomatiche e decide di dargli via via nuove responsabilità. Nel 1989, l'anno della Caduta del Muro, assume la presidenza di Schering che terrà fino al 2001.
In una intervista concessa al Sole/24 Ore nel 2010, Vita analizzava la cogestione alla tedesca, vale a dire il rapporto molto particolare che in Germania lega il sindacato al management di un'azienda, tratteggiando indirettamente un suo profilo del dirigente d'impresa: «I manager – disse in quella occasione – non sono chiamati solo alla massimizzazione dei profitti. Devono anche fare gli interessi di tutti: degli azionisti, dei creditori, e anche dei dipendenti».
Negli ultimi dieci anni, Vita ha presieduto il consiglio di sorveglianza della casa editrice Axel Springer, coltivando rapporti stretti con l'establishment politico tedesco ai massimi livelli. Ancora questa settimana ha partecipato insieme al ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble alla presentazione di un nuovo francobollo per ricordare il centenario dello stesso Springer, morto nel 1985. In questi anni è stato anche membro di diversi consigli di amministrazione e presidente di Allianz Italia.
A 76 anni, Vita continua a fare attività fisica, da buon medico. Scia regolarmente e nel palazzo di Allianz a Milano sale a piedi i sette piani che lo separano dal suo ufficio. Nello stesso modo, ha sempre preso con serietà il ruolo di guida tra Italia e Germania, coltivando il testimone delle più giovani generazioni: il chief executive officer di Intesa Sanpaolo ed ex top manager di Allianz Enrico Cucchiani o l'amministratore delegato di Deutsche Bank Italia Flavio Valeri. In questo senso, la presidenza di UniCredit è il coronamento della carriera di un "interprete" sui generis.
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