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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2012 alle ore 06:45.
Prima una rosa ampia, con più di 20 nomi. Poi una prima scrematura a fine marzo e quindi una seconda poco prima di Pasqua, quando i papabili per la successione di Dieter Rampl sono rimasti in quattro: l'ex presidente dell'Iri e dell'Eni Gian Maria Gros-Pietro, tra i primi nomi a finire sul tavolo insieme al presidente di Prometeia Angelo Tantazzi; accanto a loro, l'«internazionale» Giuseppe Vita e il «giovane» Massimo Tononi.
La shortlist redatta da Egon Zehnder insieme al vice presidente di UniCredit, Vincenzo Calandra Buonaura, prima incaricato – e poi velatamente criticato – di agire con impenetrabile discrezione, tre giorni fa si era nei fatti assottigliata a due nomi: Gros-Pietro e Vita. Entrambi, era evidente, avevano il profilo giusto e godevano dell'appoggio necessario per vincere la sfida. Però guai a cercare, tra Fondazioni e grandi azionisti, gli sponsor dell'uno o dell'altro. Simpatie, molte. Endorsement, zero. Sì, perché nella partita a carte coperte imbastita anche questa volta dal presidente di Fondazione Cariverona, Paolo Biasi, nessuno ha voluto esporsi fino in fondo, per non correre il rischio bruciare il proprio candidato alla vigilia e di fare la figura dello sconfitto il giorno dopo. Alla fine, formalmente, l'accordo di ieri soddisfa tutti: si è discusso, si è alzata la voce, ma di grandi delusi – ufficialmente – non ce n'è; il presidente è di alto livello, e per il board sembra essersi trovata quell'alchimia necessaria per accontentare anche i soci minori.
E un sorriso scappa anche ad Allianz Italia, che dopo il passaggio di Enrico Cucchiani in Intesa a novembre, si vede per la seconda volta in pochi mesi promuovere il proprio presidente al vertice di una delle grandi banche italiane.
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