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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2012 alle ore 15:31.

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Paddy Power era già sbarcato in Italia sette anni fa, con la precisa idea di fare sensazione. Bookmaker da quattro generazioni e il nonno aveva aperto bottega a Dublino nel 1894 e durante l'ultimo Conclave in Vaticano s'è presentato in S. Pietro con un cartello sul quale dava la quotazioni dei cardinali papabili. «In attesa della fumata bianca» racconta oggi, sorridendo a chi voleva, poteva ingannare il tempo con qualche scommessa.

Adesso si prepara a tornare in Italia. Ma non Paddy Power la persona. Bensì Paddy Power la società per azioni, nata nell'88 dalla fusione fra tre bookmaker irlandesi, fra i quali il padre di quell'omonimo ragazzone che nel 2005 aveva seminato lo scompiglio in Vaticano. Oggi Paddy Power è l'ottava impresa industriale della Repubblica d'Irlanda. Negli ultimi dieci hanni, ha macinato utili con un crescita media annua del 35%. E, quotata alle Borse di Londra e Dublino, capitalizza ormai 2,4 miliardi di euro.

Dopo aver rilevato un grande bookmaker in Australia e dopo aver stretto intese coi governi di Francia e British Columbia (Canada), per la gestione dei rispettivi giochi, l'azienda gestisce ormai una rete di scommesse online -sul web o con la sua brava applicazione per iPhone - che copre 50 sport, 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Ma sente che è arrivato il momento di allargare l'orizzonte. «È più di un anno che studiamo il mercato italiano, che per volume di scommesse è il primo in Europa. Debutteremo la seconda settimana di maggio», racconta il 41enne Ceo della società, Patrick Kennedy. «Il mercato mondiale delle scommesse vale 375 miliardi di dollari, e solo il 9% è online. Ci aspettiamo che questa quota cresca e noi siamo nella posizione di cogliere molte opportunità. Perchè la Paddy Power è prima di tutto un'impresa tecnologica».

La trading room al secondo piano della Power Tower, come è stato battezzato il nuovo quartier generale a Dublino, assomiglia alla trading room di una banca d'affari o di un hedge fund. Se non fosse che, avvicinandosi alla selva di monitor che sta davanti a ogni allibratore - pardon, a ogni trader - si scopre che quello non segue l'andamento dell'oro o del Dow Jones, ma l'andamento di partite di tennis, calcio, biliardo, ippica e quant'altro, cambiando le quote in tempo reale, a seconda dei risultati. «Dodici anni fa, quando sono entrato in questo business - racconta Tom Winrow-Jones, l'ingegnere alla guida dei trader per il mercato italiano - riuscivamo a seguire un match alla volta. Adesso, con la tecnologia, possiamo lavorare su quindici, tutti insieme».

Paddy Power è diventata celebre in Irlanda e nel Regno Unito per un'iniziativa con pochi precedenti: quando le gare sportive sono macchiate da un incidente arbitrale, scatta il cosiddetto "justice payout". Quando, alle qualificazioni mondiali, la Francia elimina l'Irlanda con un gol di mano di Thierry Henry, ha rimborsato le puntate agli scommettitori che, senza quel gol, avrebbero vinto. Ma la società guidata da Patrick Kennedy s'è guadagnata ulteriore fama con la pubblicità all'aeroporto: «Benvenuti in Irlanda. A meno che non vi chiamiate Thierry». E che dire di quando, a tempi del vulcano islandese che aveva messo in ginocchio il traffico aereo, la Paddy Power aprì le scommesse sulla durata del fenomeno naturale: in questo modo, recitava la pubblicità, i turisti avrebbero potuto fare hedging contro il rischio di veder sfumare il proprio viaggio.

«Ci consideriamo prima di tutto una società di entertainment» dice Kennedy, che è stato chiamato anche nel board della Banca d'Irlanda e perchè offriamo ai clienti la possibilità di divertirsi, magari mentre guardano il loro sport preferito. Ma il cosiddetto novelty betting, la scommessa sui fatti di cronaca (come nei casi del papa e del vulcano) arriverà in Italia? «Al momento, oltre a quello previsto da Aams, non è previsto - risponde Giovanna D'Esposito, numero uno di Paddy Power Italia - ma esiste una bozza di decreto in materia. Noi, saremmo pronti da subito». «Il palinsesto dell'Amms - osserva Kennedy dimostrando grande conoscenza delle regole italiane dei Monopoli di Stato - ci impone di proporre scommesse al massimo su 80 partite live. Ma se le cose cambiassero, noi saremmo pronti a offrirne duemila».

Scusi, ma vi capita mai di perdere soldi? «Certo - risponde Kennedy col suo fare entusiasta - però, nella media, i 150 che sono qui sopra sanno bene come tenere in mano la situazione». I 150 sono i giovanotti della trading room, in gran parte matematici, statistici ed esperti di analisi quantitativa, che assolvono al loro incarico con strumenti simili a quelli dei trader finanziari del giorno d'oggi: a colpi di software e algoritmi. «È come le dicevo: questa è prima di tutto una società tecnologica», insiste il ceo di Paddy Power. Dica la verità, ma lei scommetterebbe sulla capitalizzazione di Borsa della vostra società? «No», replica Kennedy. «Ma scommetterei che il fatturato e gli utili continueranno a crescere come negli ultimi dieci anni».

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