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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2012 alle ore 10:53.

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Il candidato francese Francois Hollande (a sinistra) e quello greco Antonis SamarasIl candidato francese Francois Hollande (a sinistra) e quello greco Antonis Samaras

Dalla finanza alla politica, dalla politica alla finanza. I mercati finanziari, che oscillano nervosamente tra impetuosi appetiti per il rischio ad altrettanto violente avversioni al rischio, attendono l'esito delle prossime elezioni politiche in Europa, nel fitto calendario elettorale di maggio. La data più rilevante è il 6 maggio quando si scontreranno al ballottaggio finale i socialisti di Francois Hollande e la destra moderata di Nicolas Sarkozy. Nello stesso giorno, su un'altra sponda del Mediterraneo, quella della Grecia che ha dato il là due anni fa alla crisi dei debiti sovrani e al successivo contagio, si terranno le elezioni parlamentari.

I rischi che dalle urne dilaghino ulteriori nervosismi sui mercati finanziari sono alti. Lo si è visto ieri quando, all'indomani della vittoria di Hollande al primo turno, le Borse europee (zavorrate anche dalla crisi di governo in Olanda e dai dati manifatturieri in calo nell'Eurozona) hanno proiettato l'ennesimo lunedì nero di questa crisi economico-finanziaria che in questa primavera festeggia il suo quinto triste anniversario.

Ed ecco perché il 7 maggio, alla riapertura dei mercati dopo le urne, la volatilità e le tensioni potrebbero aumentare. Nell'augurio di evitare un'altra tempesta perfetta. Il 7 maggio potrebbe essere messa in discussione l'attuale visione dell'Eurozona con la Germania leader indiscussa. Proprio perché alle urne di Francia e Grecia sono favoriti leader portatori di un'altra visione europea, con al centro la crescita e gli Eurobond. Esattamente l'opposto della strategia filo-tedesca attuata sino ad adesso, con tanta, tanta austerity e il "nein" ai bond emessi dall'Eurozona supportati da garanzie reali offerte dai singoli Paesi.

ll focolaio Grecia
Atene teme l'ingovernabilità. È possibile che i due grandi partiti - Pasok (socialisti) e Nuova democrazia - non raggiungano insieme la maggioranza dei voti e che i partiti passino da 5 a 10, generando appunto l'ingovernabilità. Il programma di austerity potrebbe venir rimesso in discussione da una nuova, fragile, maggioranza. Non è escluso, in tal caso, il ricorso della Grecia a nuovi aiuti. Mentre potrebbero alimentarsi derive anti-europeiste. Del resto, il leader della Nuova Democrazia, Antonio Samaras (a destra nella foto) ha più volte dichiarato di voler rinegoziare i pacchetti di salvataggio dichiarando le attuali politiche anti-europeiste.

«La Grecia è tecnicamente fallita e ha un peso non eccessivo nell'Eurozona - spiega Nicolò Nunziata, strategist di J&C Associati -. Un problema ma il vero problema è che in questo momento nell'Europa i potenziali focolai che possono destabilizzare i mercati sono tantissimi».

Il focolaio Francia
E tra questi c'è sicuramente la Francia che, al pari degli altri Paesi dell'Eurozona, se si esclude la Germania, «è alla canna del gas con delle politiche retrittive». Su Sarkozy è favorito il socialista Hollande. Per vincere avrà bisogno dei voti della sinistra radicale di Mélenchon. Mentre Sarkozy dovrebbe attirare la destra di Marine Le Pen. La vittoria di Hollande mitigherebbe, a favore della crescita, la linea del rigore fiscale voluta da Bruxelles, spostando il pareggio di bilancio dal 2016 al 2017. Quella di Sarkozy punterebbe sulla riduzione del deficit/Pil.

Cosa accadrebbe? «Una vittoria di Hollande accelererebbe la resa dei conti per l'Europa. È come se l'Europa fosse molto malata ma non la stanno curando. Se vincesse Hollande si potrebbe veramente iniziare a curarla lavorando sulla crescita anziché su austerity e tasse - continua Nunziata -. Ciò non significa che usciremo presto dalla crisi. Potrebbero essere necessari anni per rimettere a posto errori di scelte non coordinate».

Quindi una vittoria di Hollande scongiurerebbe una tempesta perfetta per i mercati? «Nel breve periodo potrebbe non stemperare le attuali tensioni ma nel medio lungo è ipotizzabile un effetto positivo - prosegue -. A quel punto la Germania dovrebbe scegliere se uscire dall'euro e marciare da sola oppure appoggiare una completa integrazione fiscale con Eurobond, Euro Bill e trasferimenti ai Paesi che ne hanno bisogno. Anche perché, l'alternativa a queste prime due opzioni è la dissoluzione dell'euro. Quindi sta alla Germania, a questo punto, scegliere. Una vittoria della sinistra in Francia porterebbe se non altro questa situazione di agonia insostenibile alla resa dei conti. È l'unica alternativa per evitare che l'Europa si imballi nella trappola della liquidità, precipitando in una sorta di sindrome giapponese. Posto che non sia già troppo tardi».

www.twitter.com/vitolops

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