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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2012 alle ore 06:43.

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BOLOGNA. Dal nostro inviato
Un'altra tegola su Calisto Tanzi, un'altra vicenda processuale finita male. L'ultimo verdetto è arrivato ieri dal Tribunale di Appello di Bologna che ha condannato l'ex patron della Parmalat a una pena di 17 anni e 10 mesi per il crack da 14,5 miliardi confermando la sentenza di primo grado di 18 anni inflitta dal Tribunale di Parma. Un'accusa quella di bancarotta fraudolenta e associazione per delinquere che si aggiunge alla condanna di otto anni per aggiotaggio passata in guidicato, reato per il quale Tanzi sta scontando la pena in carcere a Parma. La difesa che aveva chiesto l'assoluzione per l'associazione a delinquere e si era detta disponbile a patteggiare 5 anni di reclusione l'accusa di bancarotta fraudolenda, ha già detto di volere ricorrere in Cassazione. Il mea culpa pronunciato da Tanzi in aula lo scorso 26 marzo non ha fatto presa sui giudici: «Porterò per sempre il peso indelebile per le sofferenze causate a quanti per colpa mia hanno subito danni», aveva detto. Ora le possibilità di trascorrere la detenzione ai domiciliari sono legate alla prossima udienza del 16 maggio davanti al giudice di sorveglianza. «Le sue condizioni di salute non sono buone – ha spiegato il suo avvocato Fabio Belloni – in vista dell'udienza abbiamo chiesto di dare accesso al nostro collegio peritore per una verifica dell'attualità delle sue condizioni».
Pena ridotta, invece, per Fausto Tonna l'ex direttore finanziario della Parmalat condannato a 9 anni 11 mesi e 20 giorni contro i 14 anni riconosciuti dal Tribunale di Parma. Confermate tutte le altre condanne con limature sparse, mentre due sono state le assoluzioni per prescrizione quella di Davide Fratta ex sindaco di Parmalat e dell'ex manager Giuliano Panizzi. Fratta unico imputato in aula alla lettura della sentenza, visibilmente commosso, ha detto «ora posso tornare a vivere».
La sentenza letta nell'aula Bachelet del Tribunale di Bologna da parte del presidente della Corte d'Appello Francesco Maddalo ha riguardato anche il fratello di Tanzi, Giovanni, cui è stata confermata della condanna a 10 anni e 6 mesi. Per l'ex direttore marketing della multinazionale di Collecchio Domenico Barili 7 anni e 8 mesi. Per Luciano Silingardi, il commercialista amico di Tanzi, ex consigliere indipendente di Parmalat Finanziaria, nonchè ex presidente della Fondazione Cariparma, conferma a 6 anni. Per Giovanni Bonici, numero uno di Parmalat Venezuela ed ex amministratore di Bonlat, 4 anni e 10 mesi. Ritocchi e conferme anche per gli altri ex dirigenti, sindaci, membri del cda: Fabio Branchi, sindaco di Parmalat 4 anni 10 mesi e 10 giorni, Enrico Barachini 4 anni, Rosario Lucio Calogero ex revisore poi manager del gruppo 4 anni e 7 mesi, Paolo Sciumè ex cda Parfin 5 anni e 3 mesi, Sergio Erede 1 anno, Camillo Florini ex manager di Hit 4 anni e un mese, Mario Mutti ex consigliere 3 anni e 6 mesi.
Confermati i risarcimenti per le parti civili, come chiesto dall'accusa, con un distinguo per le posizioni di tre imputati condannati per bancarotta semplice ( Giuliano Panizzi e Davide Fratta, Sergio Erede), con una provvisionale immediatamente esecutiva da due miliardi dovuta alla Parmalat in amministrazione straordinaria e il 5% riconosciuto ai circa 40 mila risparmiatori truffati dai titoli di Collecchio. Una decisione attesa, visto che già a novembre i giudici della Corte di Bologna rigettarono il ricorso degli imputati per la sospensione della provvisionale record. Anche se il problema resta trovare i beni dato che il presunto tesoro di Tanzi non è stato trovato e che i patrimoni degli imputati da soli non consentono di coprire la cifra astronomica della provvisionale. Non a caso, ha ricordato Carlo Federico Grosso il legale di 32mila parti civili in passato è seguita la via delle transazioni con banche e società di revisione, che ha consentito «il recupero di buona parte del danno».
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LE RASSICURAZIONI DEL 2003

Era il 12 novembre 2003 quando Collecchio rassicura sulla disponibilità di fondi provenienti dalla liquidazione di una quota da 600 milioni di euro nel fondo Epicurum alle Cayman. Gli analisti cadono dalle nuvole: nessuno era a conoscenza dell'esistenza di questo fondo qualcosa non funziona. Era una delle tante menzogne che verranno alla luce poco dopo.

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