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Questo articolo è stato pubblicato il 01 maggio 2012 alle ore 15:06.
Banche da maneggiare con circospezione, comportandosi da trader professionali; utility da lasciar perdere e qualche puntata "lunga" solo su quel drappello di titoli del lusso e su quegli industriali forti esportatori che hanno mostrato di passare indenni dalle crisi. Posto che le lezioni del passato abbiano, in borsa, un valore segnaletico per il futuro, questo è ciò che insegna la dinamica recente di Piazza Affari.
Basti pensare alle banche. I rimbalzi anche consistenti durano lo spazio di un mattino. I due big Intesa Sanpaolo e UniCredit sono di nuovo in forte perdita rispetto al listino. E chi non ha approfittato del rimbalzo di inizio anno per poi capitalizzare i guadagni, oggi non può che pentirsi amaramente. Il riscatto segna qualche punto a favore solo delle banche più in difficoltà, segno una volta di più della natura tecnica del rally bancario di inizio 2012. C'è da aspettarsi qualcosa di diverso per il settore del credito nei prossimi mesi? Il panorama non induce a grandi ottimismi. Le piazze e le banche di Milano e Madrid sono il bersaglio degli attacchi al ventre molle della crisi dell'eurozona e la recessione che attraversa i due Paesi non è certo il vìatico per rialzi strutturali. Al contrario sono le banche i primi titoli a pagare dazio alla contrazione dell'attività economica e all'aumento del livello delle sofferenze. Ecco perchè non ci si può che comportare in una logica da "mordi e fuggi".
Quando si guadagna un 5-10% su di un titolo del credito conviene vendere e capitalizzare i profitti. C'è sempre tempo per ricomprare a prezzi più bassi. Non sorprende che le utility invece da Enel ad A2a segnino le peggiori performance del listino. Pesano i troppi debiti accumulati in anni di credito facile e pesa la debolezza della domanda energetica che fa sempre capolino in stagioni di rallentamento economico. Quel segno negativo protratto da tempo sull'indice Ftse/Mib direbbe di lasciar perdere ogni investimento di lungo periodo sulla piazza milanese. Ma vaglielo a dire agli azionisti di Ferragamo o di Pirelli o della Tods' o di Prysmian solo per citare i titoli più brillanti e che hanno regalato finora performance a doppia cifra a chi ci ha creduto.
C'è più di un filo rosso che li accomuna e che decreta un successo non casuale. Il trait d'union è che operano tutti sui mercati globali. Vendono laddove c'è domanda e crescita e questo è testimoniato dal continuo incremento di ricavi, margini e utili. Che è strutturale: Tod's; Pirelli e Campari ad esempio hanno visto quasi raddoppiare i margini industriali dalla crisi Lehman in poi. E le performance di borsa stanno lì a dimostrarlo. Ci si deve chiedere a questo punto una sola cosa: dopo tanto correre sul listino non è troppo tardi per investirci oggi? Domanda legittima e sensata. Se la congiuntura globale, Cina in testa, dovesse deragliare ovvio che i primi a farne le spese sarebbero proprio loro. Ma non ci sono avvisaglie in questo senso. Oppure dovrebbe accadere che la crisi dei debiti si risolva d'incanto. E allora assisteremmo a un rally molto forte delle banche con una rotazione dei portafogli che porterebbe ad alleggerirsi proprio sugli industriali. Ma anche questo oggi appare uno scenario assai remoto
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