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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2012 alle ore 06:43.

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L'esito delle elezioni in Francia e Grecia, pur accrescendo le incertezze sulle future politiche nell'Eurozona, non ha giovato all'oro, dimostrando per l'ennesima volta che il lingotto non gode più dell'attrattiva di un tempo come bene rifugio. Il metallo giallo sembra piuttosto aver risentito del temporaneo deprezzamento dell'euro, finito ai minimi da tre mesi sul biglietto verde: con i mercati londinesi chiusi per festività, le quotazioni al Comex sono arretrate dello 0,4% a 1.638,60 dollari l'oncia, una discesa comunque moderata, grazie probabilmente alle migliori prospettive che si vanno delineando per la domanda fisica.
Proprio ieri, cedendo alle proteste del settore, il Governo indiano ha fatto una parziale marcia indietro rispetto alle rigide misure fiscali che aveva introdotto in marzo per frenare le importazioni di oro e che avevano provocato uno sciopero degli orafi di tre settimane: il raddoppio della tassazione (dal 2 al 4%) per chi importa metallo grezzo è stato confermato, ma il ministero delle Finanze ha comunque cancellato i dazi sull'import di gioielli in oro, che pesavano per lo 0,3% sulla gioielleria non di marca e per l'1% su quella "firmata". La Bombay Bullion Association ha regito con soddisfazione: «È s stata una buona decisione – ha commentato il presidente Prithviraj Kothari – La domanda di oro probabilmente migliorerà». Secondo le stime dell'associazione, in aprile l'import indiano si era ridotto a 30-35 tonnellate, appena un terzo rispetto allo stesso mese dell'anno prima, in gran parte per colpa delle nuove tasse, oltre che della debolezza della rupia, che in India mantiene tuttora il prezzo dell'oro molto vicino ai massimi storici.
Le statistiche diffuse dalle autorità doganali di Hong Kong hanno intanto confermato che la fame di oro dei cinesi non si sta affatto placando. Pur restando lontane dal record di 102,5 tonn, stabilito lo scorso novembre, le importazioni in marzo sono balzate a 62,9 tonn. Dopo il +20% di febbraio, il ritmo di crescita, mese su mese, è quasi triplicato (+58,6%). Rispetto a un anno prima, l'import di oro via Hong Kong (l'unico su cui esistano dati ufficiali) è quasi sette volte superiore: un boom che spinge molti analisti a sospettare che Pechino stia espandendo le sue riserve auree.
Qualche segnale di risveglio della domanda fisica arriva infine anche dagli Stati Uniti: dall'inizio di maggio la Us Mint ha venduto 20mila once di monete American Eagle, la stessa quantità registrata nell'intero mese di aprile e che era la più scarsa da dicembre 2008, quando la zecca americana non era riuscita a vendere nessuna moneta d'oro.
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