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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2012 alle ore 06:42.

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Gli Stati Uniti sfameranno la Cina con l'intermediazione giapponese. L'interpretazione è un po' estremista, ma non è certo per invadere il Giappone di cereali e semi oleosi che Marubeni – quinta società di trading nipponica ma prima nel settore – ha rilevato ieri la terza casa commerciale americana di materie prime agricole, Gavilon, in una operazione del valore totale di 5,6 miliardi di dollari (di cui circa 2 in assunzione di debito).
Marubeni è già il secondo esportatore di cereali dagli Usa in Cina, verso la quale intermedia inoltre circa il 20% del suo import di semi di soia: la grande opportunità commerciale legata alla maggiore acquisizione della sua storia è quella di posizionarsi come snodo strategico per soddisfare la domanda cinese di commodity agricole, in crescita esponenziale a fronte dell'appiattimento delle esigenze del mercato nipponico. Pechino è già il maggior importatore di semi di soia e dovrebbe sorpassare Tokyo entro 3 anni anche nel settore granario. Ora Marubeni – più che raddoppiando i volumi di trading di cereali – potrà cercare di strappare ad Archer Daniels la leadership nel soddisfare il fabbisogno della Cina, dove con lo sviluppo economico stanno cambiando anche le abitudine alimentari ed in particolare sta aumentando il patrimonio zootecnico. «Come parte di una organizzazione di trading più vasta, Gavilon sarà in buona posizione per connettere in modo pià efficiente l'offerta con la crescente domanda globale», ha dichiarato Greg Heckman, ceo di Gavilon, che impiega 2mila persone ed è la 19esima azienda privata Usa. A vendere sono stati alcuni grandi investitori finanziari, tra cui George Soros e Dwight Anderson, più la famiglia egiziana Sawiris: ieri Orascom Construction (guidata da Nassef Sawiris, fratello di Naguib) ha annunciato che avrà un guadagno di 265 milioni di dollari dalla cessione della sua quota del 16,8% in Gavilon per 605 milioni di dollari.
Gli analisti hanno commentato favorevolmente l'accordo, anche se qualcuno ha eccepito sul già consistente indebitamento di Marubeni e sul modesto contributo atteso all'incremento della redditività. Operazioni di questo tipo, comunque, hanno una valenza strategica sia sul piano aziendale (crescita dimensionale) sia su quello nazionale: Giappone, Cina e Corea sono impegnate in una corsa alle risorse primarie su scala globale.
Non stupisce che Pechino si sia tenuta prudentemente in disparte dall'asta per Gavilon: acquisizioni di questo tipo avrebbero potuto provocare polemiche politiche, evocando lo spettro di una manomorta cinese sull'agricoltura americana e sul mercato globale delle commodity agricole. Il paradosso è che, se fosse avvenuta alla fine degli anni '80, l'operazione avrebbe potuto essere controversa in quanto effettuata da una società giapponese (allora si sospettavano le mire espansionistiche globali di Tokyo). Oggi, invece, non ci sono reazioni nei confronti di Marubeni, che ha già una consistente presenza negli Usa, mentre il Giappone è stato sostituito dalla Cina nel ruolo di evocatore di paure non sempre razionali.
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