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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2012 alle ore 06:42.

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Sono più di trent'anni che Massimo Ponzellini non passa inosservato sulla scena politico-finanziaria: e non solo per gli inconfondibili occhialoni a stanghetta. Il giovane tecnocrate che parcheggia la sua Ferrari in via Veneto, per entrare di corsa nell'Iri di Romano Prodi è lo stesso navigato banchiere che anni dopo partecipa all'ultima «cena degli ossi» fra le nevi dolomitiche, con Umberto Bossi e Giulio Tremonti.

È l'inverno del 2011, ma sembra già preistoria: il Carroccio pare il vero "partito di governo" nel centrodestra, il super-ministro dell'Economia è ormai una specie di co-premier di Silvio Berlusconi. I seminari di Aspen Italia sono quasi un direttorio bancario del Nord e Ponzellini - "doppio presidente" in Popolare di Milano e Impregilo - è ospite di prima fila.
Politica, credito, grandi lavori: Bpm (sempre con qualche acciacco) è pur sempre una grande banca di territorio in Lombardia; in Impregilo incrociano gruppi del calibro di Ligresti, Gavio, Benetton. Ponzellini è ormai un affermato grand commis "tremontiano": è stato amministratore delegato di Patrimonio Spa (uno dei veicoli di possibile valorizzazione degli asset statali) e poi del Poligrafico dello Stato. Nel 2002 - all'inizio della seconda stagione berlusconiana - è reduce da una lunga parentesi in Lussemburgo, come vicepresidente della Banca europea degli investimenti.

È lì che matura il suo definitivo pedigree di banchiere: promuovendo anche in Italia sostegni creditizi Ue alle Pmi; ma anche stringendo relazioni importanti, ad esempio con Mediobanca, buona collocatrice di bond Bei. Ma è durante i dodici anni trascorsi alla Bei e prima ancora alla Bers come consigliere-fondatore che Ponzellini rompe il cordone ombelicale che l'aveva legato per un decennio abbondante a Romano Prodi.
Irriducibilmente bolognese, oggi 61enne, Ponzellini non nasce però dal nulla. L'azienda cartotecnica di famiglia risale a metà '800, il padre Giulio (scomparso un anno fa a 95 anni) è cavaliere del lavoro - come poi sarà anche il figlio - e consigliere superiore della Banca d'Italia. Il secondogenito Massimo (sposato con l'imprenditrice Maria Segafredo)ha meno di trent'anni quando segue il "maestro" Prodi, lui stesso meno che quarantenne al ministero dell'Industria e poi all'Iri.

«Assistente personale»: un ruolo nel quale, molto più tardi, subentrerà Angelo Rovati. Ma allora è Ponzellini l'inequivocabile "aiutante di campo" dell'emergente economista emiliano: la sua cabina di regia è la direzione generale di Nomisma, storico think tank del Professore. La Prima Repubblica cominciava lentamente a finire, ora l'arresto del sempre esuberante Ponzellini sembra un segnale (non marginale) che anche la Seconda è agli sgoccioli.

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