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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2012 alle ore 07:11.

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Mario Draghi - AfpMario Draghi - Afp

Il dibattito sul futuro della zona euro ha subìto ieri una nuova accelerazione. La Banca centrale europea ha esortato i Governi dell'unione monetaria ad affrontare la crisi debitoria perseguendo un'integrazione politica che comporti una necessaria cessione di sovranità. Il presidente della Bce Mario Draghi ha messo l'accento sulla necessità di centralizzare la vigilanza creditizia, tassello indispensabile di una nuova unione bancaria.

Parlando davanti alla Commissione affari economici del Parlamento europeo a Bruxelles nella sua veste di presidente del Comitato europeo per il rischio sistemico (noto con l'acronomo inglese Esrb), Draghi ne ha approfittato per tratteggiare una eventuale unione bancaria che richiederebbe secondo lui: garanzie europee sui depositi bancari; un fondo europeo di risoluzione delle crisi; e una accresciuta centralizzazione della sorveglianza bancaria, ormai «essenziale».

L'idea di una unione bancaria è tornata d'attualità dopo che nelle ultime settimane sono emersi i segnali di un rischio di contagio e di fughe di capitale, ad Atene ma anche a Madrid. Questa opzione comporterebbe la responsabilità in solido dei depositi e delle banche da parte dei diversi Governi della zona euro. Impossibile però da attuare seriamente senza una vigilianza credizitia che sia centralizzata, con un trasferimento di sovranità dalla periferia al centro.

Per anni, gelosi delle loro prerogative, molti Paesi hanno bloccato questo passaggio. «Di recente, le posizioni sembrano essersi ammorbidite», avverte un esponente comunitario. Non per caso Draghi ha criticato alcuni Governi nella gestione delle crisi bancarie: lo sguardo corre a Bankia in Spagna o a Dexia in Belgio (che ieri ha avuto dalla Commissione il benestare per godere di altri quattro mesi di garanzie statali). «Esorto tutti i Governi a sbagliare per eccesso» nel valutare le necessità di una banca, ha detto Draghi.

Nella sua relazione di ieri, il banchiere centrale ha anche sostenuto l'idea di permettere al meccanismo di stabilità finanziaria di ricapitalizzare direttamente le banche europee. L'interpretazione prevalente, confermata ieri dalla Commissione, è che l'Esm può finanziare solo gli Stati, non le banche. Alternative sono allo studio. «Ci si sta lavorando», ha detto il banchiere, notando che l'Esm deve essere usato meglio di quanto non sia stato usato in passato il suo predecessore (l'Efsf).

Più in generale il presidente della Bce ieri ha chiesto al mondo politico di guardare lontano, «di dare una visione del futuro della zona euro», scossa da una crisi debitoria da ormai quattro anni. «Siamo in mezzo al guado, la corrente è fortissima, e non vediamo l'altra riva a causa di una densa nebbia. Dobbiamo assolutamente diradare la nebbia». Come il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco da Roma, anche Draghi da Bruxelles ha esortato all'integrazione politica dell'Unione.

Il banchiere centrale si è detto convinto che l'aumento dei rendimenti obbligazionari in molti Paesi è anche dovuto all'assenza di una risposta chiara alla crisi debitoria, che peraltro darebbe nel contempo «un grande contributo alla crescita economica». In questo senso, Draghi ha sostenuto ieri l'idea di un nuovo Comitato Delors, una commissione di banchieri centrali creata nel 1988 e che mise nero su bianco le tappe di avvicinamento e i principali tasselli dell'Unione monetaria.

I commenti di Draghi giungono in un momento cruciale. Una settimana fa i Governi dell'Unione hanno dato mandato ai presidenti della Bce, della Commissione, dell'Eurogruppo e del Consiglio europeo di preparare un primo rapporto sul futuro della zona euro entro fine giugno. Mercoledì, il presidente della Commissione José Manuel Barroso ha detto che l'Esecutivo comunitario sosterrà l'idea di una unione bancaria. Altri guardano anche a una parziale o completa mutualizzazione dei debiti pubblici.

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