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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2012 alle ore 13:39.

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Antoine Bernheim è morto a 87 anni tre giorni dopo che le "sue" Generali hanno archiviato – forse definitivamente – una parentesi quarantennale, che proprio il finanziere francese, di origini israelite, aveva aperto. Fu l'asse personale tra Enrico Cuccia, allora amministratore delegato di Mediobanca, e il senior partner della leggendaria casa franco-americana Lazard a costruire – nel 1973 - l'assetto di controllo del Leone durato praticamente fino a sabato: quando la rimozione di Giovanni Perissinotto dal vertice manageriale sotto la pressione dei soci privati italiani ha rotto una tradizione della quale Benheim era stato figura centrale e simbolica
Presidente a Trieste per due lunghe stagioni (dal 1995 al 1999 e poi dal 2001 al 2010). Bernheim è stato vicepresidente di Mediobanca dal 1988 al 2001: testimone e protagonista di innumerevoli battaglie della storia finanziaria italiane ed europea.

Clamorosa, fra tutte, la rottura finale con Cuccia, dopo la sconfitta delle Generali in francia, nell'Opa Agf. Ma non c'è dubbio che proprio il legame fra i due uomini (custodita per decenni nella misteriosa cassaforte lussemburghese Euralix) abbia costituito uno dei punti d'appoggio dell'intero capitalismo italiano aggregato attorno al binomio Mediobanca-Generali: e che se Cuccia definiva l'istituto di Via Filodrammatici un centauro (metà pubblico e matà privato) l'anima privata – cioè il radicamento importante nella finanza internazionale - era identificabile proprio in Bernheim.

Tornato in sella al Leone dopo la scomparsa di Cuccia e l'allontanamento di Vincenzo Maranghi da Mediobanca, Bernheim si appoggia al finanziere transalpino Vincent Bolloré, ed è da Trieste interviene ancora su dossier di primo livello: come la battaglia su Bnl nel 2005 (nella quale le Generali non appoggiano la controscalata italiana), oppure l'assetto attuale di Telecom. È lui, per anni, il terzo vertice di un un "trimvirato" formato con i banchieri italiani Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli. Ma entra infine in collisione con Cesare Geronzi, che prima scala la presidenza di Mediobanca, poi si trasferisce per un solo anno proprio alle Generali.
Il vecchio "Tonio" lascia Trieste con amarezza e in un clima polemico anche per le controversie sul titolo di "presidente onorario".

Per il cosmopolita Bernheim, l'Italia è stata comunque patria d'elezione: a casa sua anzitutto a Venezia (dove lo studio nelle Procuratie Nove, in Piazza San Marco, era bordato di tappezzerie "napoleoniche", blu-rosso-bianco) a Milano, assiduo alla Scala e a Roma, dove la figlia aveva ha sposato un principe Orsini.

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