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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2012 alle ore 08:35.
Una cosa è certa: il "salvataggio" di FonSai è nato sotto una cattiva stella. Più si trascina per le lunghe e più la faccenda si complica, per tutti tranne che per la Sator di Matteo Arpe e la Palladio di Roberto Meneguzzo che, comunque, anche se non riusciranno ad andare avanti sulla compagnia, il ruolo di "guastatori" se lo sono guadagnati sul campo di battaglia.
Al centro della scena – non si sa per quanto ancora dopo la minaccia delle banche creditrici di passare ai fatti (l'escussione del pegno) – i Ligresti, gli ultimi Mohicani del giro della Mediobanca che non c'è più. Nell'orbita di Enrico Cuccia il capostipite Salvatore ci entrò a fine degli anni '80, quando Bettino Craxi, allora al potere (erano i tempi del Caf, Craxi, Andreotti, Forlani), lo "impose" a Mediobanca come condizione per acconsentire alla privatizzazione dell'istituto, alla quale in prima battuta si era opposto.
Ma il costruttore siciliano, fattosi assicuratore, si rivelò ben presto un interlocutore poco malleabile. Quando la Fiat decise di dare la scalata a Montedison, il delfino di Cuccia, Vincenzo Maranghi, non trovò di meglio che consegnare in fretta e furia Fondiaria, la "pupilla degli occhi" del suo mentore, a Ligresti, che già controllava la Sai. Ma quando Maranghi sollecitò una gestione meno familiare del gruppo, ormai cresciuto di dimensioni, la sua missiva restò lettera morta.
Del resto anche un "mastino" come Enrico Bondi chiuse la sua breve stagione in Premafin col suggerimento, inascoltato, di separare gli affetti dal business. Oggi la famiglia, per cercare di conservare un ruolo a dispetto dei santi, si ribella ancora al volere di Mediobanca, appoggiandosi però a esponenti di punta della Mediobanca che fu: Arpe, che le ha lanciato di nuovo una ciambella, e Gerardo Braggiotti che, con Banca Leonardo come consulente, ha assistito Premafin nel processo di ristrutturazione.
Il pallino però è in mano alle banche guidate da UniCredit, pronte a esercitare il pegno sulle azioni FonSai detenute da Premafin se l'assemblea martedì non darà il via libera all'aumento di capitale riservato a Unipol. Con questo il pool dei creditori esposti a monte della filiera rischia di rimetterci parecchio, ma a estremi mali estremi rimedi: con o senza i Ligresti, per le banche l'operazione Unipol s'ha da fare. Escutendo il pegno, gli istituti di credito non subirebbero più interferenze, ma il guaio è che i tempi si dilaterebbero ulteriormente, spostando all'autunno l'orizzonte della ricapitalizzazione di FonSai. Con tutte le incognite del caso.
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