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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2012 alle ore 08:14.
Fino a ieri erano abituate a incontrarsi da concorrenti nelle gare indette da Comuni e autorità d'ambito, da domani se non proprio sorelle Hera e Acegas-Aps potrebbero ritrovarsi per lo meno cugine. Dopo la lettera preliminare firmata lunedì scorso i colloqui per l'integrazione inizieranno a metà settimana, ma intanto la road map ha già alcuni punti fermi: prima la definizione della nuova governance, poi il consolidamento della leadership italiana nell'ambiente, infine la valutazione delle occasioni di business che si potrebbero profilare all'estero, valorizzando i contatti nell'Est Europa che già oggi fanno capo ad Acegas. In mezzo, un asset che in tempi di bassi consumi d'energia può fare la differenza nel mondo delle utilities: i cinque termovalorizzatori di cui potrà disporre il gruppo (tre li porta in dote Hera e due Acegas, tra i quali l'impianto-modello di Padova), sinonimo di ricavi certi e prolungati.
Le due società ufficialmente non parlano. Soprattutto a Nord-Est, a fissare i paletti sono i sindaci-azionisti, quegli stessi che prima avevano accarezzato l'ipotesi di un'aggregazione con Iren e poi hanno deciso di negoziare con Hera. Una scelta politica? «Assolutamente no», dice a Il Sole 24 Ore il sindaco di Padova, Flavio Zanonato, azionista al 49,9% di Acegas-Aps holding, la scatola che controlla con il 62,9% Acegas-Aps: «L'unica cosa che conta è la possibilità di costruire un percorso industriale serio che tuteli territorialità e identità della nostra società». A fine 2011 Zanonato aveva avuto uno scambio con i colleghi di Torino e Reggio Emilia, Piero Fassino e Graziano Delrio, azionisti di Iren, poi è arrivata la proposta degli emiliani di Hera. «Dobbiamo vedere esattamente cosa ci viene offerto», dice Zanonato, con quello stesso pragmatismo che in tempi recenti l'ha portato a dismettere le due quote che facevano capo al Comune nelle autostrade (il 6,9% delle Venezia-Padova e il 3,9 della Serenissima), «partecipazioni che non avevano più senso visto che in ballo non ci sono investimenti e di dividendi non si è mai parlato».
L'altro grande azionista di Acegas, guidata dal presidente Massimo Paniccia e dall'ad Lorenzo Pillon, è il Comune di Trieste con il 51%. Il sindaco, Roberto Cosolini, si sbilancia un po' di più – «Le premesse sono buone, c'è da costituire un polo strategicamente rilevante nel panorama nazionale» - ma intanto ricorda che «le trattative che ci aspettano sono comunque complesse». Il primo incontro tra i vertici delle società è fissato per giovedì, e sul tavolo finirà subito la sede: «È fondamentale che Acegas-Aps continui a esistere e che abbia sede in Friuli», dice Cosolini; facendo intendere che se integrazione sarà essa non avverrà tra Hera e Acegas, ma al piano di sopra, quello della holding, con l'utility emiliana destinata a subentrare ai comuni di Padova e Trieste nelle quote di Acegas-Aps holding, offrendo in cambio un doppio pacchetto di Hera. Il "quanto" sarà oggetto dei negoziati, si parte da una forchetta compresa tra il 12 e il 16% di Hera in cambio del 100% di Acegas-Aps holding, con i Comuni che potrebbero entrare tra i soci dell'utility emiliana con una quota superiore al 6% e un contributo cash. Una soluzione, questa, che Hera ha già sperimentato nell'integrazione della marchigiana Meta e che di fatto concilierebbe le ragioni della fusione con quelle della salvaguardia di Acegas-Aps, forte di un marchio conosciuto nel Nord-Est.
La lettera firmata lunedì scorso assegna 90 giorni di tempo per chiudere (e formalmente si può anche non arrivare alle nozze), ma c'è chi ritiene che si possa fare decisamente più in fretta, definendo i dettagli entro la fine di luglio. Anche perché non c'è tempo da perdere: all'orizzonte c'è la gara per il ciclo dell'ambiente con relative utility del comune di Torino e quella per la realizzazione dell'inceneritore di Trento, due operazioni su cui la nuova maxi-utility vorrebbe subito mettersi alla prova.
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