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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2012 alle ore 17:05.
La crisi non ha insegnato nulla alle banche? Non molto secondo la ottantaduesima relazione della Bri (Banca dei Regolamenti Internazionali), presentata oggi a Basilea, per la quale "il settore finanziario sta gradualmente riassumendo il profilo di elevata rischiosità che lo caratterizzava prima della crisi". Il contesto nel quale questo ritorno al rischio sta maturando, è ricapitolato così dalla Bri: "Malgrado i passi avanti nella ricapitalizzazione, molte banche seguitano a operare con un alto grado di leva finanziaria, comprese quelle che appaiono ben capitalizzate, ma in realtà presentano enormi posizioni in derivati. Gli istituti di maggiori dimensioni continuano ad avere interesse ad accrescere la leva finanziaria senza prestare la debita attenzione alle conseguenze di un possibile fallimento: data la loro rilevanza sistemica, essi confidano che il settore pubblico si farà carico delle ripercussioni negative".
E dunque i comportamenti spericolati delle banche si appoggiano, secondo la Bri, sulla promessa di un aiuto pubblico. Tanto che la Bri spiega: " Si potrà dire con certezza di avere compiuto progressi fondamentali in merito alla struttura del sistema finanziario quando gli intermediari di maggiore entità potranno fallire senza che ne debbano rispondere i contribuenti e quando le dimensioni dell'intero settore finanziario rispetto al resto dell'economia saranno mantenute entro limiti più restrittivi".
La Bri suggerisce perciò politiche che incentivino le banche ad assumere una politica più "assennata". Come farlo? Le ricette indicate sono: una riforma delle remunerazioni nel settore bancario, ma anche una riduzione dell'intervento pubblico nel caso di rischio per le banche, spostandone una parte del carico sugli obbligazionisti. Questi ultimi infatti, quando il patrimonio netto di un intermediario finanziario diventasse negativo, dovrebbero essere chiamati a pagarne il prezzo insieme al settore pubblico. Inoltre vengono suggeriti poteri di intervento più incisivi della autorità pubbliche.
La proposta della Bri va dunque nella stessa direzione di una proposta di direttiva comunitaria, presentata dalla Commissione Ue lo scorso 6 giugno, che prevede il passaggio dal bail out (salvataggio pubblico) ma alle risorse interne della banca, scaricandone i costi, in parte, su azionisti e obbligazionisti. Un passaggio quindi al bail in, che prevede il ricorso alla liquidazione delle attività tossiche degli istituti, per consentire la continuità delle attività dell'istituto, senza quindi scaricarne i costi sulla collettività. Anche la direttiva però prevede poteri di intervento incisive della autorità pubbliche per evitare che si arrivi a situazioni di rischio conclamate.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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