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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2012 alle ore 06:43.

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SYDNEY
Nuove polemiche per la tassa sui superprofitti minerari in Australia. Secondo gli analisti di mercato, il nuovo balzello farà entrare nelle casse di Canberra meno soldi del previsto e, contrariamente a quanto afferma il Governo australiano, inciderà profondamente sui profitti delle società dei minerali ferrosi e del carbone. Gli esperti prevedono anche che il Governo australiano potrebbe ben presto aumentare il contributo o estenderlo a materie prime finora esenti.
In particolare, secondo uno studio di Ubs, il settore minerario dovrà sborsare 1,8 miliardi di dollari australiani (1,4 miliardi di euro) nel 2013 e 1,4 miliardi nel 2014 (1,1 miliardi di euro), di contro a previsioni governative pari a 6,5 miliardi per entrambi gli anni (5,2 miliardi di euro). Nonostante il ridotto contributo, però, la tassa potrebbe erodere le prospettive delle società. Ne è convinta Ubs che ha ridotto le stime per i profitti di Bhp e Rio Tinto del 4% e quelli di Alumina del 5% per il 2013, citando esplicitamente la supertassa e la carbon tax che entreranno in vigore tra pochi giorni, il 1° luglio.
«La tassa mineraria – avverte Glyn Lawcock, analista UBS di Sydney – è stata disegnata come un introito fiscale altamente volatile destinato a finanziare i crescenti impegni finanziari del Governo australiano. È di fatto un matrimonio male assortito tra un settore che vedrà i profitti declinare nei prossimi anni e un esecutivo laburista che spende sempre di più. Di conseguenza, prevediamo che un futuro Governo di sinistra potrebbe alzare il contributo nei prossimi anni o coinvolgere commodity che finora ne sono state escluse». I prezzi dei minerali ferrosi sono caduti del 20% e le valutazioni delle società corrispondenti del 24% nell'ultimo anno, a causa dell'incertezza economica che ha eroso la domanda. Canberra sta cercando di tornare al pareggio di bilancio entro l'anno fiscale che termina il 30 giugno 2013. Ha dichiarato che utilizzerà parte dei soldi ottenuti con la supertassa per aumentare i contributi alle famiglie. Il prezzo australiano sulle emissioni di carbone è stato fissato a 23 dollari a tonnellata cubica e dovrebbe, secondo i calcoli governativi, raccogliere 24,7 miliardi in quattro anni (19,8 miliardi di euro). La nazione è in transizione verso un sistema di emissions trading che nel 2015 lascerà il mercato determinare i costi. Secondo il ministro del Tesoro Wayne Swan, la carbon tax contribuirà all'economia australiana, creando, fra l'altro, 1,6 milioni di posti di lavoro entro la fine del decennio.
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