Premafin rinvia a lunedì la decisione su una nuova assemblea e mentre Sator e Palladio rilanciano la loro offerta, sul fronte opposto Unipol avverte: la delibera già approvata sull'aumento di capitale il 12 giugno scorso è del tutto vincolante e va soltanto eseguita. In ogni caso se fosse convocato un nuovo meeting dei soci Premafin per riesaminare decisioni già prese mettendo a confronto progetti alternativi, questo arriverebbe fuori tempo massimo. Si potrebbe svolgere infatti non prima di agosto, dopo la scadenza improrogabile (il 20 luglio) dell'accordo con la compagnia bolognese. Scaduto il termine Unipol si ritirerebbe dalla partita e la parola spetterebbe soltanto ai legali – ha fatto capire la stessa compagnia in una lettera inviata a Premafin – per risarcire i danni di una simile "strappo". Il vero e proprio ultimatum mostra come l'esito dello scontro finanziario che ha per oggetto il futuro del gruppo Premafin-Fonsai (finora controllato dalla famiglia Ligresti) sia entrato nella sua fase decisiva.
La parola spetta lunedì al Cda di Premafin che si è riconvocato per decidere se accogliere la richiesta di convocare una nuova assemblea degli azionisti presentata dal custode giudiziario del fondi off shore dei Ligresti, Alessandro Della Chà, per revocare il via libera ad Unipol. A questa iniziativa si è associato Paolo Ligresti che nel chiedere un nuovo meeting per cambiare il Cda, ha sottolineato di aver dato il suo via libera all'aumento di capitale con Unipol «sotto la minaccia dell'escussione dei pegni» da parte delle banche creditrici, e quindi per non far fallire la società.
Il Cda di Premafin che non risponde più ad un azionista di controllo - il 40% del capitale è a vario titolo in mano al tribunale, il 30% fa capo ad una famiglia Ligresti divisa - è un vaso di coccio tra soggetti aggressivi e determinati. Su un fronte c'è, appunto, Unipol e le banche creditrici a nome delle quali Unicredit ha espresso ieri a Premafin, in una lettera, la «più viva preoccupazione» per gli sviluppi della vicenda. La ristrutturazione dei debiti della holding (per circa 400 milioni) - ha spiegato – è subordinata all'aumento di capitale riservato a Unipol da eseguirsi entro il 20 luglio. Diversamente, lascia capire, c'è solo il fallimento. Sull'altro lato della barricata si è consolidato un fronte composito di cui fanno parte Sator e Palladio - i due fondi sono pronti a presentare una garanzia bancaria sui propri impegni - il custode delle azioni sequestrate ai due fondi off shore, Paolo Ligresti che degli stessi titoli è uno dei presunti proprietari. Tutti a richiedere una nuova delibera di Premafin che "rimuova" l'alleanza con Unipol aprendo la strada a soluzioni più vantaggiose. Una perizia della società di consulenza Vitale&associati, commissionata da Sator e Palladio e singolarmente fatta propria dallo stesso custode giudiziario, segnala che l'offerta dei due fondi sarebbe "accrescitiva" del valore per gli azionisti di Fonsai di circa il 30% rispetto a quella di Unipol.
Ma se le banche tengono fermi i loro propositi e Premafin fallisce? Il rischio non condizionerebbe il voto di Ligresti anche in una nuova assemblea? Tra i tanti rumor c'era ieri anche quello riferito dall'agenzia Reuter per la quale starebbe per scendere in campo anche la Procura di Milano che si appresterebbe a chiedere a Isvap e Consob una valutazione sulle opposte stime che nella vicenda dividono gli advisor (in relazione a chi li ha ingaggiati). Come se le due authority non si fossero già espresse. In tutto questo un cda di Premafin sempre più smarrito continua a perdere pezzi. Ieri si sono dimessi Samanta Librio e Geronimo La Russa, in polemica quest'ultimo con le affermazioni «diffamatorie» di Paolo Ligresti. Fino a pochi mesi fa erano amici ed i loro padri hanno contribuito a creare quel gruppo che si sta ora sfaldando.
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