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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2012 alle ore 08:15.

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MILANO
Regina di borsa in un venerdì da incorniciare per i listini europei, l'altroieri UniCredit è tornata a un passo dai tre euro, toccando una quota che non si vedeva da fine aprile. Ma il titolo di Piazza Cordusio resta a livelli storicamente bassi, in borsa la banca continua a capitalizzare poco più di 16 miliardi (contro gli oltre 30 di un anno fa) e tra gli azionisti storici il clima resta di massima allerta. Soprattutto dopo l'ingresso del fondo Pamplona, che con un investimento inferiore al miliardo è riuscito a conquistarsi un posto in prima fila tra gli azionisti della banca, visto che il 5,01% comunicato martedì scorso rende il fondo inglese, nutrito in gran parte da capitali russi, secondo socio alle spalle degli arabi di Aabar.
Proprio la quota dichiarata in settimana avrebbe acceso la preoccupazione di alcuni tra gli azionisti storici di UniCredit. L'ingresso del fondo, a cui la possibilità di investire nella banca era stata presentata dallo stesso ceo Federico Ghizzoni a inizio anno, è stato accolto come un'operazione amichevole dal vertice di Piazza Cordusio, ma c'è chi fa notare che, una volta comunicato il superamento del 5%, l'azionista può ora salire fino al 9,99% senza obbligo di ulteriori comunicazioni. Progetti di scalata in cantiere? Fonti vicine a Pamplona, nei giorni scorsi, lo hanno escluso, e piuttosto tra gli operatori di borsa si guarda a eventuali operazioni con finalità speculative, ma se c'è un dato oggettivo è che questa fase, con annesse quotazioni, «apre scenari inediti», come osservava nei giorni scorsi un esponente di spicco di una delle grandi fondazioni azioniste di UniCredit.
Tra i presidenti, nei giorni scorsi, l'unico a parlare è stato Giovanni Puglisi, di Fondazione Sicilia, che ha definito l'investimento di Pamplona «un fatto importante: significa che hanno ritenuto il gruppo molto serio». Da Crt, Cariverona e dalle emiliane in settimana non è arrivato invece alcun commento; a quanto si apprende, gli umori sono diversi, ma tutte seguono l'evolversi della situazione «con grande attenzione», come fanno notare fonti vicine a Cariverona: per difendere le posizioni dentro all'azionariato, i grandi enti nel corso dell'ultimo aumento di capitale hanno sborsato 938 milioni di euro, ed è normale che ora – con i prezzi che restano da saldo – si monitori da vicino la situazione, visto che in ballo c'è il «blocco italiano» dentro a UniCredit e di conseguenza anche un po' l'italianità della banca.
Occhi puntati sul mercato, dunque. Certo l'ingresso di un nuovo grande azionista è considerato un fatto positivo, a maggior ragione dopo settimane in cui a prevalere erano state le uscite, soprattutto dei fondi che avevano preso posziione attraverso i diritti dell'aumento di capitale di gennaio. Tra le fondazioni, si diceva, gli occhi restano puntati sul mercato e in particolare sulla Germania, visto che l'intermediazione per Pamplona di Deutsche Bank ha accesso qualche ulteriore allarme: già martedì il gruppo tedesco si è affrettato a comunicare che «in nessun caso acquisterà e manterrà azioni UniCredit», ma il complicato meccanismo di opzioni call e put concordato con Pamplona di fatto tiene in partita Deutsche per i prossimi due anni, preoccupando chi teme il fronte tedesco ed eventuali desideri di rivalsa dopo i recenti riassetti del gruppo.
Tutto questo, nei prossimi giorni, potrebbe finire nell'ordine del giorno di colloqui tra i vertici di UniCredit e i grandi soci. Per ora nulla è segnato in agenda, ma tra le fondazioni c'è chi auspicherebbe un incontro (prima della semestrale che verrà approvata il 3 agosto prossimo) per analizzare lo stato di salute dei conti, i nuovi equilibri all'interno dell'azionariato di Piazza Cordusio ma anche la riorganizzazione interna della banca, sulla quale – come ha fatto intendere Federico Ghizzoni la settimana scorsa – si dovrebbe alzare il velo nelle prossime settimane.
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