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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2012 alle ore 10:39.

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SHANGHAI - Le deboli prospettive delle industrie manifatturiere asiatiche deprimono l'umore delle principali Borse dell'Estremo Oriente.
Alla ripresa delle contrattazioni dopo il venerdì scoppiettante innescato dall'accordo raggiunto dai leader dell'Eurozona, oggi per i listini del Far East è stata una giornata interlocutoria, fortemente condizionata dalla pubblicazione degli indici Pmi di giugno. Indici che dalla Cina a Taiwan, dalla Corea al Vietnam, non appaiono molto ottimisti sul futuro a breve di industrie manifatturiere legate a doppio filo alla domanda mondiale e, in particolare, di quella di Europa e Stati Uniti.

Il pessimismo sull'evoluzione della congiuntura globale e domestica che pervade i manager asiatici non è stato di buon auspicio per i mercati. Soprattutto quelli che contano di più in Asia, come Tokyo e Seul (Hong Kong oggi era chiusa), che hanno archiviato la prima seduta della settimana con un lieve ribasso. Anche la Borsa di Shanghai è stata penalizzata dall'indice Pmi cinese che a giugno è peggiorato rispetto a maggio, e ha chiuso in territorio negativo.

Storia a parte, invece, per le Tigri asiatiche, soprattutto quelle come l'Indonesia e la Thailandia che, sebbene sempre dipendenti dalle esportazioni sui mercati mondiali, possono contare su un vasto e crescente mercato di consumi interni. Gli indici di Jakarta, Bangkok e Manila al fischio di chiusura delle contrattazioni segnavano tutti convincenti rialzi.

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