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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2012 alle ore 11:44.

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Tedeschi e arabi vanno a caccia della pay tv italiana. Nel mirino è finita Mediaset Premium. Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, il network Rtl, il più grande gruppo televisivo al mondo di proprietà del colosso dei media Bertelsmann, e Al-Jazeera, la Cnn del Medio-Oriente (già accreditata su un altro dossier tv caldo, quello di Ti Media-La 7), hanno bussato alla porta di Mediaset. Con l'esplicito intento di proporre un'alleanza sulla pay-tv.

Il mercato televisivo, settore ciclico per eccellenza, è stato da tempo investito in pieno dalla crisi (i primi mesi accusano una caduta del 10% della pubblicità per Mediaset). Ora anche la tv a pagamento, rimasta un'isola felice mentre la tv generalista accusava la crisi, fa i conti con la recessione e il crollo dei consumi. Le famiglie tagliano la spesa per l'intrattenimento e la prima a farne le spese è stata, l'anno scorso, la defunta Dahlia Tv. L'idea di un'alleanza internazionale nelle pay-tv non è nuova: già la stessa Mediobanca, in uno studio di un mese fa, osservava che la forbice di costi crescenti dei diritti tv, specie nel calcio, e abbonati in calo per tutte le pay-tv renderebbe sensato fare alleanze, in paesi diversi, per condividere i costi.

In casa Mediaset non negano che qualcosa c'è: «Vero che sulla carta eventuali alleanze hanno molto senso, ma noi non abbiamo cercato nessuno. Sono stati vari gruppi stranieri a presentarsi alla nostra porta» ha ammesso il vicepresidente esecutivo Piersilvio Berlusconi, il secondogenito dell'ex premier Silvio. Nomi a Mediaset non ne fanno anche perché davvero sul tavolo al momento non c'è nulla di concreto se non qualcosa che «vagamente assomiglia a manifestazioni di lontano interesse». Indiscrezioni raccolte sul mercato fanno, però, i nomi di Rtl e Al-Jazeera. Non sarebbero i soli peraltro: gli stranieri stanno guardando con interesse al mercato di casa nostra. Nonostante il momento difficile, entrare in un paese al momento debole come l'Italia è una mossa strategica. Tanto più se uno straniero stringesse un accordo con una piattaforma che parte da una base di 2 milioni di abbonati.

Che il clima attorno alla pay-tv sia in generale elettrico lo si capisce anche dalle recenti bordate di Sky che hanno apertamente tirato in ballo Premium. In casa Mediaset, Berlusconi Jr sfoggia il fair play. Se Sky ironizza sostenendo che non c'è posto per due operatori nella pay tv in Italia, sottintendendo che a sopravvivere sarà solo la tv di Murdoch, Piersilvio replica che «la nostra presenza ha una funzione strategica di contenimento del concorrente e in un mercato in contrazione Premium guadagna quote di mercato, anche se non abbonati». Vuol dire che si sono persi abbonati, ma meno degli altri. Nei primi tre mesi del terribile 2012, Premium ha perso 25mila abbonati, ma Sky tre volte tanto e questo ha permesso di tenere posizione.

La pay-tv, in casa Mediaset, è nata un po' per infastidire Murdoch e un po' come diversificazione strategica del business. Ma nel tempo ha mostrato che c'era bisogno di un'alternativa e oggi il telespettatore ha almeno la possibilità di scegliere. L'altra mossa di diversificazione a Cologno era stata quella di Endemol. E se per la casa del Grande Fratello, passata in mano agli hedge fund, Piersilvio non ha nascosto un certo rammarico, sulla pay-tv non arretra di un centimetro. È vero che oggi Premium è in perdita (nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2011 c'erano circa 70 milioni di rosso), ma ricorda il manager che nel 2010 Premium era già in pareggio, è poi tornata in rosso, colpa della recessione.

Finora Mediaset ha isolato in bilancio le attività pay-tv a perché era utile in quella fase iniziale di start-up evidenziare la crescita e isolare la performance. Ma «dentro la pay sono allocati anche costi che sono di spettanza di Mediaset in generale», nota Piersilvio. Per esempio, i costi maggiori di Premium sono l'affitto di banda, che però serve anche per il digitale terrestre gratuito. Questo costo tecnologico Mediaset lo avrebbe lo stesso per svolgere la sua attività, indipendentemente da Premium. «Come attività autonoma e indipendente, la pay-tv è in passivo, ma se la si calcola all'interno di tutto il gruppo, ridistribuendo i costi, in realtà sarebbe in utile» osserva il vicepresidente. Tutto un altro film. E poi, chiosa Piersilvio, «facciamo concorrenza al più grande operatore mondiale nell pay-tv, solo per questo andrebbe apprezzato il nostro sforzo».

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